Trovato l’accordo sulla web tax: c’è l’ok dei ministri delle finanze al G20
Di Pasquale Castaldo
Regole fiscali più restrittive per i colossi della tecnologia mondiale: è questo il risultato dopo la due giorni di vertice tra i ministri delle finanze in occasione del G20 finanziario tenutosi a Fukuoka in Giappone. Nella riunione alla quale hanno partecipato anche i governatori delle banche centrali dei principali paesi industriali (tra questi figurava anche il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco) è stato fatto un primo grande passo in tema di riforma della fiscalità internazionale. Tema che sarà oggetto di discussione anche nel prossimo G20 di Tokyo in Giappone. Obiettivo principale della riforma è quello di contemplare un incremento di norme nazionali e internazionali evitando buchi fiscali e legislativi che avvantaggino i big della tecnologia.
Infatti i vari Facebook, Amazon, Google e molte altre aziende sono oggetto di numerose critiche per avere un regime di imposizione fiscale molto snello, derivante dal fatto che delocalizzano le loro attività in paesi aventi un regime di tassazione basso. In tal senso i rappresentanti del G20 hanno affermato: “Raddoppieremo i nostri sforzi per una soluzione basata sul consenso con una relazione entro il 2020”.
Le nuove regole arrecherebbero oneri fiscali maggiori per le grandi multinazionali e al contempo renderebbero la vita più difficile a paesi come l’Irlanda e il Lussemburgo di applicare aliquote molto basse per attrarre gli Ide (investimenti diretti esteri) in Europa. Infatti secondo Reuters (agenzia di stampa britannica) le grandi aziende tecnologiche pagano poche tasse in Europa incanalando i profitti delle loro vendite in paesi proprio come l’Irlanda e il Lussemburgo. “Al momento abbiamo due pilastri e sento che abbiamo bisogno di entrambi allo stesso modo per far si che questo funzioni. Le proposte stanno prendendo forma – ha detto il ministro delle finanze giapponese Taro Aso“.
I “due pilastri” menzionati dal ministro potrebbero fornire un grosso smacco a numerose aziende operanti nel settore. Il primo pilastro è quello di dividere i diritti di tassazione d’impresa tra il paese di provenienza e quello destinatario di compravendita del bene o servizio. Il secondo si attiverebbe solamente nel caso le aziende riuscirebbero a trovare un escamotage per registrare i propri profitti in paesi come l’Irlanda, in tale eventualità i governi applicherebbero un’aliquota minima globale da concordare. Nelle discussioni avute c’è stata grande preoccupazione anche per i rischi di guerra commerciale tra Usa e Cina che potrebbero costare lo 0,5% del PIL nel 2020 su scala mondiale, pari alla perdita di 455 miliardi di dollari (fonte corriere della sera).
“Tutti i Paesi hanno chiesto a loro due di ridurre le tensioni esortando a fare tutto il possibile per evitare uno scontro che avrebbe un impatto negativo, duraturo e profondo sulla crescita – ha detto il ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire, al termine della conferenza. Le Maire ha anche chiesto negoziati tra Pechino e Washington su un accordo di riforma del Wto (Organizzazione Mondiale del Commercio) a difesa del “multilateralismo per la soluzione dei conflitti”.
Anche i temi del Bel paese sono stati trattati tra i tavoli di Fukuoka. Sul punto, il ministro delle finanze italiano Giovanni Tria ha tranquillizzato le autorità europee sui conti pubblici: “Sta andando bene nel senso che aspettiamo che si pronunci secondo le procedure il Comitato economico-finanziario e poi si dovrebbe aprire un dialogo con la commissione Ue”.