Tecnologia, benessere ma soprattutto dipendenza
Nonostante la mia passione per la tecnologia oggi ho deciso di soffermarmi su un argomento in auge negli ultimi giorni, ovvero la dipendenza da quest’ultima. Sembra assurdo o quasi irreale pensare che lo stesso smartphone una decina di anni fa neanche esisteva eppure noi vivevamo tranquillamente e soprattutto più serenamente. Proprio nei giorni scorsi uno studio ha evidenziato l’aumento negli ultimi dieci anni del 700% di casi di cifosi infantile – adolescenziale, causata con ogni probabilità, dalle tante ore passate dagli stessi bambini con il capo chino per guardare uno smartphone e/o un tablet. Certo per molti genitori questi potenti mezzi tecnologici rispondono alla soluzione di tanti problemi che vanno dall’essere costretti sempre ad essere vigili su eventuali “guai” causati dai loro piccoli, alla possibilità oggettiva di potersi dedicare liberamente anche alle faccende di casa. Purtroppo però nessuno valuta attentamente le reali problematiche connesse ad una crescita infantile in un simile contesto.
È evidente che a parte i problemi di salute che gli stessi saranno costretti a patire, con il crescere i piccoli continueranno a vivere in un mondo sempre più virtuale, ipertecnologico. Un mondo fatto di macchine e non di uomini, di chat e non di incontri, di giochi in rete e non giochi di movimento fisico. È lampante che con il passar degli anni questa situazione è costretta a peggiorare, molto probabilmente perché il primo vero grande problema è l’uomo adulto, il genitore stesso. Ormai uno smartphone può essere considerato non solo un gioiello della tecnologia ma anche una vera e propria arma per se stessi e per gli altri. Aumentano a dismisura gli incidenti stradali per distrazione, le morti assurde per un “selfie” o per strada mentre si è intenti a non staccare la testa da quel diabolico display. Quante volte cadiamo in ansia solo perché il nostro smartphone non ha linea oppure ancor “più grave” non ha rete. Ci siamo mai chiesti quante ore passiamo a guardare un social o quante volte prendiamo in mano il cellulare solo per vedere se in una delle tante piattaforme social qualcuno ci ha scritto, taggato o peggio ancora se qualcuno ha postato qualcosa. La domanda che forse ci dovremmo fare, “ma cosa mi dà realmente questo mondo virtuale che la vita non può darmi?” Proviamo per qualche giorno a metterci offline per tutto e tutti. Le prime ore, i primi giorni, saranno duri, quasi una crisi d’astinenza, ma sono certo che lentamente ritroveremo il gusto di vivere: leggere un libro, incontrare gli amici per fare una chiacchierata, fare lunghe passeggiate senza l’ansia di dover vedere chi e cosa ha postato su una bacheca o controllare quante email abbiamo ricevuto. Tutto questo migliorerà la nostra qualità di vita e probabilmente anche quella dei nostri figli perché saremo molto più attenti a controllare quante ore passano con la testa piegata su uno schermo, che tutto ha tranne le sembianze di una persona. Avremo più voglia di “controllarli” e giocare con loro, e quando sarà il momento di fare faccende domestiche, troveremo il modo di farci anche “aiutare”, rendendole pure piacevoli da fare.
Immagino che starete pensando: “a parole è semplice”. Provateci. Magari provate a disintossicarvi per cinque giorni, poi una settimana e sono certo che sarete portati a provare anche lassi di tempo più lunghi. Una volta compresa l’inutilità delle tante ore passate in rete o sui social sarà più semplice ritornarci con piccoli morsi e probabilmente sarete in grado di riuscire a vivere in maniera più equilibrata un mondo che un po’ alla volta ci sta rendendo delle vere e proprie macchine. La tecnologia non deve essere bandita ma sfruttata, non va denigrata ma accolta a piccoli bocconi, non deve diventare il centro della nostra vita ma una comoda componente. Il rischio con gli anni è di isolarci completamente per vivere una vita priva di emozioni e passioni che solo un rapporto umano può dare.