Sanità: la riforma parte dalla medicina di base
Sanità, salute, finanza ed economia, termini che sembrano distanti tra loro ma che in realtà sono complementari e coesistenti. ‘La salute non si compra’, un bel modo di dire. Se effettivamente fosse un diritto di tutti sarebbe una teoria valida ma in realtà non è mai stato così. Oggi potremmo dire che sembra anch’essa diventata un lusso per pochi. La salute, può essere considerata un privilegio per pochi adepti? Come desiderio di chi è meno fortunato e in alcuni casi come qualcosa di irraggiungibile? Tutto ciò sembra assurdo e ridicolo. “La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non consiste soltanto in un’assenza di malattia o di infermità”, concetto formulato nel 1948 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e ancora oggi alla base della definizione ufficiale del termine. Dunque da interesse collettivo e fondamentale è diventato quasi un optional in quanto la cosa più importante della vita, colei che viene prima di tutto è mossa come ormai ogni cosa da dinamiche governative e da interessi ad alto livello. Leggi, riforme, interessi economici, il più delle volte tralasciano l’importanza dell’essere umano, tempi di attese infinite, casi di malasanità, tagli economici e finanziari stanno contraddistinguendo in maniera pessima un panorama di massima importanza.
Sanità: la riforma parte dalla medicina di base a partire dal 2016
Nel 2016 arriva la nuova riforma della Sanità, il cambiamento inizia dalla medicina di base. Una trasformazione con l’obiettivo di offrire più servizi qualitativamente migliori. Si garantisce l’assistenza dei medici, in particolare quelli di famiglia 24 ore su 24, in ambulatorio e a domicilio per i pazienti impossibilitati a muoversi e recarsi in ospedale. La prima regione interessata sarà la Campania. Con il decreto Balduzzi si disegna il nuovo orizzonte della medicina convenzionata che prevede le “Aft” ovvero “associazioni funzionali territoriali”. Una ‘rivoluzione sanitaria’ dove tutto ruota intorno al paziente. Si prospetta: meno folla negli ospedali, potenziamento assistenza sul territorio.
Sanità: la riforma parte dalla medicina di base con la previsione di realizzare nuove strutture di assistenza
Le nuove strutture previste dalla riforma prenderanno il nome di UCCP, unità complesse di cure primarie, accoglieranno i codici bianchi e verdi, cioè i pazienti con problematiche meno severe. In questi ambulatori presteranno servizio i medici di famiglia, medici della continuità assistenziale, pediatri di libera scelta, gli specialisti ambulatoriali. Basti pensare che il 60% dei pazienti degli ospedali riguardano questi codici. Le UCCP dovranno essere operative entro 60 giorni dal decreto, in ordine inizieranno i medici di famiglia-pediatri e specialisti.
Queste nuove strutture si divideranno nel seguente modo:
- Modello metropolitana, venti professionisti di medicina generale, in un’unica sede.
- Modello rurale e montano, per i territori a bassa densità abitativa con almeno 5mila assistita e dieci medici.
- Modello sub-urbano, riguarderà l’assistenza a 15mila assistiti e di dieci medici.
Le prime rappresentazioni di UCCP verranno annunciate in un convegno, il primo in Campania. Sono in fase di sperimentazione S.Giorgio del Sannio, Cerrato Sannita nel Beneventano. Successivamente dovranno partire le proposte per la città di Napoli. Le preoccupazioni dei medici sono i modelli di altre regioni che potrebbero cambiare la figura del medico di famiglia da libero professionista a soggetto subordinato. Come prevedibile, i pareri dei medici sono differenti: c’è chi vede il decreto come riforma positiva e di miglioramento, trattandosi di una modifica della struttura ma non della sostanza. Riforma che modificherà la figura di alcuni medici da libero professionista a dipendente. Il paziente è vero che avrà assistenza continua ma si troverà di fronte ad un’alternanza di medici. Si rischia di perdere di vista il rapporto di fiducia che si crea tra medico di famiglia e assistito, tralasciando il benessere psico-fisico del paziente. E’ necessario trovare strutture idonee, capienti, capaci di ospitare la nuova organizzazione, dove organismo e staff siano un punto di riferimento per il cittadino. In puglia ad esempio la riforma non è ancora partita ma l’80% dei medici di base lavora già in forma associativa, il 50% opera già con ambulatorio unico, ospita circa 1300 medici, con orari di apertura fino a dieci ore. Altri invece lavorano in rete condividendo info via internet. I medici lavorano già con l’ausilio di infermieri, circa duemila si avvalgono di collaboratori di studio, figure previste dalla riforma. Gli infermieri si occuperanno maggiormente delle prestazioni domiciliari gratuite. Si contano già circa un milione di prestazioni all’anno. La figura dei collaboratori garantirà una migliore organizzazione del lavoro e la riduzione di tempi di attesa. A questa nuova riforma hanno lavorato regioni, ministero della Salute e sindacati della medicina convenzionati. L’accordo è stato firmato da tutti i sindacati medici tranne da Snami, Sumai (medicina generale) e Unp il quale prevede che lo studio del singolo medico di famiglia rimanga integrato con l’aggregazione funzionale del territorio, struttura centrale della riorganizzazione delle strutture sanitarie del territorio. Il nuovo sistema di organizzazione contempla il ruolo primario di professionisti convenzionati con il servizio sanitario nazionale che attraverso nuove forme associative potranno garantire al cittadino in tutto il territorio nazionale una risposta efficiente ed appropriata alle proprie esigenze. Si contano circa 30 milioni di accessi annuali al pronto soccorso, un tasso di crescita costante (5-6%), 75% ne usufruisce per motivi non necessari, futili. Le vere emergenze non superano il 15% degli accessi. Sette persone su dieci si rivolgono all’ospedale per questioni risolvibili con il proprio medico di famiglia, ciò comporta disservizi. Per i codici verdi l’attesa oscilla tra le 4/5 ore, per i codici bianchi il tempo di attesa è indefinito. Ciò comporta dei costi, il ticket per la prima visita del medico di pronto soccorso 25€ che si andranno ad aggiungere 23€ per ogni eventuale altra visita successiva richiesta dal medico di pronto soccorso, un ticket massimo di 36,15€ ogni otto prestazioni della stessa branca (esami di laboratorio, esami radiologici) prescritti dal medico di P.S. Un vero e proprio caso critico quello dell’affollamento nei pronto soccorso, in particolare nelle città di Roma e Napoli dove il rischio di affollamento incombe più che in altri posti. Gli ospedali sicuramente sono dotati di mezzi più adeguati, questo comporterebbe comunque dei costi per le nuove strutture per permettersi apposite strumentazioni mediche. La risoluzione del problema P.S, dunque, arriva dal nuovo decreto con la proposta di queste nuove strutture sanitarie alternative aperte anche nei week-end soprattutto nelle ore notturne. Ad esempio, l’introduzione di un nuovo codice in toscana – il codice celeste, che sarebbe una compromesso tra il codice bianco e quello verde – in questo senso, ha dimostrato di essere un espediente efficace, ma necessita di criteri scientifici validi per poterlo attribuire. Bisogna capire se questa riforma sia davvero a favore dei cittadini oppure un artificio per delegare ulteriormente le proprie responsabilità. Gli ospedali sicuramente hanno strumenti più adeguati alle problematiche dei pazienti e questo comporta costi elevati alle nuove strutture di assistenza per mettersi al passo e offrire una maggiore adeguatezza d’intervento.
La sanità ha a che fare con varie problematiche, uno dei suoi mali maggiori sono i tagli che subisce, ne consegue il problema della malasanità. Ad esempio a Roma 3-400 pazienti al giorno sono sulle barelle in attesa di ricovero. Un altro problema è il blocco e il disagio del personale. Tutela della salute e risorse finanziarie purtroppo non camminano di pari passo.