Riscaldamento globale: a che punto siamo?
Con il termine riscaldamento globale si intende un graduale innalzamento della temperatura dell’atmosfera per effetto di una grande concentrazione di anidride carbonica e altri gas serra nell’aria. È certo che l’uomo con la sua attività abbia provocato il fenomeno bruciando grandi quantità di combustibili fossili per produrre energia.
Riscaldamento globale, dall’inglese global warming, è usato molto spesso come sinonimo di cambiamento climatico. In verità, l’aumento delle temperature è solo un aspetto della crisi climatica che stiamo vivendo in questi ultimi anni. Periodi di surriscaldamento e raffreddamento fanno parte del ciclo naturale del pianeta e quello a cui assistiamo oggi è un fenomeno senza precedenti: è un cambiamento climatico prodotto dall’uomo.
Facendo ricorso alla storia si risale alla nascita del fenomeno nella seconda metà del Settecento con la rivoluzione industriale. Dal 1850 in poi abbiamo avuto misurazioni precise della temperatura media della Terra che è andata sempre crescendo, con un aumento medio di 0.07°C per decennio e di circa un grado centigrado nell’ultimo secolo. Ma questo riscaldamento ha pervaso la nostra mente solamente gli ultimi 5 anni, i più caldi dal 1850 in poi, e susseguiti al 2015.
World Metereological Organization
A confermarlo è il rapporto WMO in collaborazione con una vasta rete di partner, tra cui servizi meteorologici e idrologici nazionali e istituzioni scientifiche e agenzie dell’ONU.
Il rapporto conferma che il 2019 è stato il secondo anno più caldo dal 1850, che gli anni 2015-2019 sono i cinque anni più caldi registrati e che il periodo 2010-2019 è il decennio più caldo mai registrato. Dagli anni ’80, ogni decennio successivo è stato più caldo di qualsiasi decennio precedente dal 1850.
Il 2019 si è concluso con una temperatura media globale di 1,1° C al di sopra dei livelli preindustriali stimati. Questa media è stata seconda solo al record stabilito nel 2016, quando un fortissimo evento di El Niño (fenomeno climatico periodico) ha contribuito ad aumentare la temperatura media globale, ponendola al vertice della tendenza generale del riscaldamento.
«Attualmente non siamo in grado di raggiungere gli obiettivi di 1,5°C o 2°C richiesti dall’Accordo di Parigi», ha affermato nella prefazione del rapporto il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres.
Accordo di Parigi
L’Accordo di Parigi è un documento d’intesa tra le nazioni facenti parte dell’UNFCCC, la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti climatici, raggiunto nel dicembre del 2015. Rappresenta un documento-chiave per la lotta al riscaldamento climatico. Secondo l’Accordo, è fondamentale limitare la crescita della temperatura media globale, sulla superficie delle terre emerse e degli oceani, ad un massimo di 2 gradi centigradi, entro la fine del secolo, rispetto ai livelli pre-industriali. Rimanendo, sottolinea, lo stesso documento, il più possibile vicini agli 1,5 gradi.
Altri dati come quelli del NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration) e della NASA (National Aeronautics and Space Administration) certificano che questo ottobre visto nella pandemia è stato l’ottobre più caldo di sempre. La temperatura globale della superficie terrestre e oceanica di ottobre 2020 è stata la 4° più alta per il mese di ottobre da quando sono iniziati i monitoraggi, e si è attestata a 0,85°C sopra la media del XX secolo che è ferma a 14°C.
Nel set di dati della NASA, il 2020 si collega al 2016 per la media più calda di gennaio-giugno mai registrata. Tuttavia, il 2016 ha avuto temperature più basse nella seconda metà dell’anno, mentre luglio e agosto 2020 hanno registrato temperature più alte.
Report di Carbon Brief
Analizzando il report di Carbon Brief la distribuzione delle temperature sulla superficie terrestre nei primi sei mesi del 2020, vede una la Siberia finora straordinariamente calda, con molte aree più calde di 7° C rispetto alla media globale. Anche l’Europa ha testato temperature fuori dal comune, di circa 2° C sopra la media. Altre località insolitamente calde includono l’Asia orientale, il Nord Europa e parti dell’Antartide.
Se le emissioni antropiche di CO2 e di altri gas serra sono responsabili di tutto il riscaldamento a lungo termine della Terra, le temperature annue sono fortemente influenzate dalle variazioni a breve termine del clima terrestre, tipicamente associate agli eventi di El Niño e La Niña.
La prima metà del 2020 ha visto condizioni neutre di El Niño, che probabilmente hanno avuto un impatto limitato sulle temperature. Stesso discorso vale per La Niña. Il riscaldamento dA El Niño e il raffreddamento da La Niña tendono ad avere il massimo impatto sulle temperature globali circa tre mesi dopo un picco delle loro condizioni nel Pacifico tropicale. Ciò significa che, anche se una forte La Niña si sviluppasse negli ultimi mesi dell’anno, il suo effetto principale sarebbe sulle temperature del 2021 piuttosto che del 2020.
Analizzando i modelli climatici del CMIP5, il quinto rapporto di valutazione dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), si nota che le temperature globali sono state leggermente al di sotto del ritmo di riscaldamento previsto tra il 2005 e il 2014. Se questo vale fino al 2014 il ritmo degli ultimi anni è stato abbastanza vicino alla media prevista dal modello Carbon Brief. Negli ultimi mesi, le temperature sono state leggermente superiori alla media del modello proposto da Carbon Brief.
Post Coronavirus
Una piccola consolazione a tutto questa catastrofe climatica arriva proprio da un evento negativo ovvero il coronavirus. Infatti i calcoli proprio dell’associazione inglese Carbon Brief, fanno sapere che il Covid consentirà Pianeta di centrare il più importante calo annuale delle emissioni di CO2 della storia. Superiore a quello registrato nel 1945, ultimo anno della Seconda guerra mondiale. E cinque volte più importante di quello del 2009, provocato all’epoca dalla crisi finanziaria mondiale.
Quest’anno, infatti, le emissioni di gas climalteranti dovrebbero scendere di circa il 5,5 per cento, rispetto al 2019. Il che significa che eviteremo di disperdere nell’atmosfera tra 2 e 2,5 miliardi di tonnellate equivalenti di CO2. Ma è probabile che questo non basti per centrare gli obiettivi climatici fissati dalla comunità internazionale.
Rapporto Emission Gap
Secondo il rapporto Emission Gap del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP), se si vuole ridurre la crescita della temperatura media globale ad un massimo di 1,5 gradi centigradi, alla fine del secolo, rispetto ai livelli pre-industriali dovrà attuarsi un calo annuale delle emissioni del 7,6%. E riuscirci ogni anno, da qui al 2030. Spiegato in altri termini, secondo il report per evitare una crisi climatica che potrà essere irreversibile dovrà verificarsi una crisi da coronavirus ogni nove mesi.
La curva della temperatura media globale non tenderà ad invertirsi se prima non ridurremo fino ad azzerare le emissioni nette. La crisi da coronavirus può rappresentare in tal senso una piccola parentesi oppure l’inizio di un cambiamento epocale.