Referendum 2020, voto sul taglio dei parlamentari
Il 20 e 21 settembre 2020 la popolazione italiana è chiamata al voto per il referendum costituzionale. Si tratta di un voto sulla riduzione pari ad ⅓ del numero dei parlamentari di Camera e Senato.
La riforma costituzionale approvata ad ottobre 2019, aveva raggiunto il voto favorevole da parte di tutti i partiti. La legge doveva avere l’approvazione lo scorso gennaio. Una richiesta avanzata dai senatori ha determinato la sospensione della legge rimandando al referendum.
Nei referendum costituzionali non vince il quorum come in quelli abrogativi. Ciò significa che il risultato del voto verrà preso in considerazione indipendentemente dal totale dei votanti.
Un iter parlamentare speciale
A firmare la proposta sul taglio dei parlamentari sono 71 senatori. Le riforme costituzionali seguono un iter parlamentare speciale. Una riforma deve ricevere una maggioranza di ⅔ da ciascuna delle Camere. Qualora non raggiungesse la maggioranza, si hanno 3 mesi per richiedere di sottoporre la riforma a referendum. Per passare la proposta servono le firme di un quinto del totale dei membri di una delle due camere. Per i senatori il minimo è 64 membri.
Il referendum doveva svolgersi il 29 marzo, rimandato a causa dell’epidemia da Covid-19. Il Consiglio dei ministri, riunitosi a metà luglio, ha stabilito le date di settembre per la votazione del referendum.
Cosa cambierà con la riforma
I cambiamenti si avranno con la riduzione di circa ⅓ dei seggi. Alla Camera si passerà da 630 a 400, al Senato da 315 a 200. Si passerà da circa 96 mila abitanti per ciascun deputato a circa 151 mila.
Ad oggi l’Italia ha il numero di parlamentari per numero di abitanti simile a quello dei grandi paesi europei. In seguito alla riforma il Belpaese diventerebbe uno dei paesi con il più basso livello della rappresentanza politica dell’Unione Europea.
All’estero i parlamentari eletti dagli italiani passeranno da 12 a 8, mentre i senatori passeranno da 6 a 4. Il numero di senatori a vita che i presidenti della Repubblica potranno nominare passeranno ad un massimo di 5.
Le ragioni del sì
Votando “sì” l’elettore sostiene il taglio, richiede la conferma e l’entrata in vigore della riforma. Ma quali sono gli argomenti a favore del “sì”? Per primo la riduzione dei costi della politica italiana con un conseguente risparmio economico per il bilancio dello Stato. Si parla di 100 milioni di euro all’anno risparmiati.
Alla presentazione della riforma è stato esplicitato che “l’obiettivo è favorire un miglioramento del processo decisionale delle Camere per renderle più capaci di rispondere alle esigenze dei cittadini”. I favorevoli sostengono che il taglio gioverebbe al parlamento rendendolo più efficiente. Migliorerebbe il rapporto tra istituzioni e cittadini ed “eliminerebbe la frammentazione tra svariati gruppi parlamentari, che a volte non rappresentano le principali forze politiche presenti nel paese ma gruppetti che servono solo a organizzare la sopravvivenza sulla poltrona”.
Le ragioni del no
Votando “no” si chiede l’abrogazione della riforma. Ma quali sono gli argomenti in favore del “no”? L’argomento economico, secondo i sostenitori del no, non ha valenza per due motivazioni. La prima si riassume in “la democrazia non ha prezzo”. Se la logica dei sostenitori del “sì” è che quella di risparmiare, in futuro potrebbe arrivare chi proporrà un risparmio maggiore.
Secondo l’Osservatorio dei conti pubblici italiani di Carlo Cottarelli “i risparmi sarebbero non di 100, ma di 57 milioni l’anno. Ovvero una cifra significativamente più bassa di quella enfatizzata dai sostenitori della riforma, pari allo 0,007 per cento della spesa pubblica italiana”. L’Osservatorio spiega che dividendo il risparmio annuo per tutta la popolazione del Belpaese, si tratterebbe di 0,95€ annuo per ciascun italiano.