Per chi suona la campana ligure
Che alle regionali liguri sarebbe finita in una corsa al cardiopalma si era capito da giorni. Il sindaco di Genova, Marco Bucci, candidato della destra, vince infatti per appena 8.000 voti sul centrosinistra guidato dall’ex ministro Andrea Orlando. L’affluenza crolla al 45,9 per cento.
Un dato, quello consumatosi in Liguria, da non credere, se fossimo rimasti fermi a un paio di mesi fa. Quando il centrodestra era al tappeto dopo che il presidente Toti era rimasto coinvolto in un’inchiesta giudiziaria per favori e dazioni illecite di denaro e benefit insieme al terminalista e vero dominus del porto di Genova, l’imprenditore Aldo Spinelli, e l’ex presidente dell’autorità portuale, Emilio Signorini. Inchiesta che è costata all’ex presidente della Liguria le accuse, per cui poi ha patteggiato, di corruzione impropria e finanziamento illecito ai partiti.
Sembrava una partita vinta per il centrosinistra, con l’avversario terremotato e incapace di trovare un candidato credibile. Dall’altra parte, invece, un esponente di primo piano del Pd, il più volte ministro Andrea Orlando, spezzino, uomo di peso politico e di solido radicamento, aveva offerto per tempo la propria disponibilità a correre.
Tutto troppo semplice per essere vero. E infatti nelle ultime settimane la cavalcata trionfale del centrosinistra si è stemperata in una lotta intestina. I distinguo e i veti sulla presenza di Italia Viva, il partito di Matteo Renzi, da parte del presidente dei 5stelle, Conte, hanno costretto il Pd e il candidato presidente a cedere. Lo stesso Renzi, ormai schierato con il centrosinistra, ha rinunciato al simbolo e ha persino ritirato l’assessore che aveva nella giunta di Bucci, contraddizione denunciata da Conte a sostegno del suo veto sui renziani. Non è mancata, negli ultimi giorni prima del voto, la polemica furiosa del fondatore Beppe Grillo con il presidente dei 5stelle Conte, che non ha certo aiutato in quella Liguria che del Movimento è stato culla. Sia aggiunga che minacciando fin quasi all’ultimo momento utile di candidarsi da soli e tenendo in fibrillazione il candidato e la coalizione, nonostante fossero riusciti a far passare il veto sui renziani, i 5stelle hanno raccolto comunque un risultato disastroso, andando sotto il 5%, percentuale inferiore sia a quella della lista del presidente che della sinistra di AVS.
È così fallito il progetto coltivato dal Pd sull’onda dei buoni risultati alle europee di assestare una prima spallata al governo Meloni vincendo il filotto delle tre elezioni regionali. Dopo la Liguria, infatti, andranno al voto l’Emilia Romagna e l’Umbria. Se nella prima il risultato a favore del centrosinistra appare scontato e la seconda appare contendibile, il sogno del 3-0 è però svanito in Liguria.
Va detto che la destra è riuscita a trovare sul filo di lana un candidato spendibile come il sindaco di Genova. Per questo obiettivo si è dovuta impegnare direttamente la presidente del Consiglio, convincendolo e blindando così l’investitura. Tanto è bastato. Anche se salta all’occhio lo scarto tra il voto per Orlando a Genova – qui peraltro il Pd è il primo partito con un 28 per cento che doppia il 14 Fratelli d’Italia -, che sovrasta Bucci di quindici punti in percentuale, e il resto della regione. Bucci recupera infatti ampiamente con i voti delle province di Savona, e soprattutto di Imperia, dove detta ancora legge l’ex ministro Claudio Scajola, che sul sindaco di Genova ha puntato forte. La risicata affluenza, complice anche il maltempo, ha completato il tutto.
La sconfitta ha naturalmente reso più problematica la tenuta dell’alleanza tra Pd e M5stelle, che non appare più una scelta scontata. Che nella coalizione siano da considerarsi alternativi i 5Stelle e i centristi diventa un limite che esclude ogni possibilità di essere competitivi. La conseguenza è che sia pure non nell’immediato si riaprirà la discussione nel Pd sulla strategia del campo largo. Si riporteranno insomma indietro le lancette e verrà rimessa in discussone una strategia fin qui combattuta ma che segna la segreteria di Schlein al punto da vincolarla strettamente alla sua parabola.
Non meno profondi saranno probabilmente gli effetti sui prossimi appuntamenti elettorali. Scavallate le elezioni emiliane e umbre, il 2025 consegnerà un turno elettorale che vedrà interessate Puglia e Campania. In quest’ultima regione, Vincenzo De Luca, lanciato verso la sua terza candidatura, avrà tanta più forza quanto più il campo largo arranca e la segretaria del Pd meno salda nel partito. De Luca ha dalla sua un argomento non di poco peso: come è possibile vincere con una coalizione in cui la presenza del Movimento5stelle esclude la presenza dei renziani e dei centristi e viceversa? La risposta è ovvia. E De Luca avrà buon gioco nel ribadire che soltanto lui può battere la destra. Al momento nessuno sembra in grado di smentirlo con efficacia.