La doppia sfiducia e due pesi per il governo
(di Raffaele Cimmino)
Non è passata, ovviamente, la mozione di sfiducia alla ministra Santanché come non è passata quella al ministro Salvini.
Visti i numeri dell’aula non sono certo stati voti a sorpresa. La mozione voluta da Calenda, che contestava al leader della Lega il patto di “partenariato confidenziale” del 2017 fra la Lega e Russia Unita – il partito di Putin – ha messo in imbarazzo il governo atlantista che più atlantista non si può di Giorgia Meloni ma non fino al punto di mettere a rischio seriamente la posizione del leader leghista. Certo è che l’intesa è stata anche tacitamente rinnovata nel marzo del 2022, quando c’era già stata l’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca. Ma i leghisti hanno avuto buon gioco però a scansare la grana dichiarando che quell’accordo in realtà non è vincolante e che la collaborazione non c’è mai stata. La Lega ha inoltre annunciato pochi giorni prima del voto in aula di considerare l’accordo non più valido.
Salvini continuerà a restare ministro e a considerarsi l’artefice del fantomatico ponte sullo stretto di Messina, ma la sua posizione resta debole per l’evidente frattura politica con la presidente del consiglio oltre che per i modesti risultati elettorali che ne mettono a rischio anche la posizione di leader della Lega. Verosimilmente, il suo destino è legato al risultato elettorale delle europee di giugno. Il tentativo di ramazzare tutti i voti di destra radicale – si veda la possibile candidatura del generale Vannacci – lo mette sempre più in urto con una Meloni fin dall’inizio orientata a rendere il suo governo potabile per l’establishment dell’Unione europea.
A margine ci sarebbe da dire su due mozioni di sfiducia politicamente e mediaticamente poco paganti presentate dalle opposizioni, che sono rimaste unite per inerzia nel caso della mozione contro Salvini e si sono platealmente divise su quella a Santaché, visto che Italia viva, il partito di Renzi, adducendo una questione di garantismo, non ha votato questa seconda mozione; ma da quelle parti la notte è ancora buia.
Il caso della ministra Santanchè rimane intanto tutto aperto. La sua posizione resta appesa al probabile rinvio a giudizio per la truffa consumata ai danni dell’Inps durante la pandemia. L’accusa è quella di aver tenuto a lavorare i dipendenti della sua società editrice, la Visibilia, pur avendo ottenuto per loro la cassa integrazione in deroga per il Covid.
Va aggiunto che nel frattempo un’altra vicenda poca chiara ha coinvolto la ministra e ha lambito anche il suo rapporto, da sempre molto stretto, con il presidente del Senato, Ignazio Larussa. Si tratta del caso della compravendita della villa in Versilia del sociologo Alberoni. La Procura di Milano il 23 marzo ha aperto un’inchiesta, senza indagati ma con l’accusa di riciclaggio, per la villa acquistata a gennaio 2023 da Dimitri Kunz, che della Santanchè è il compagno e da Laura Di Cicco, moglie di La Russa. Villa rivenduta meno di un’ora dopo il rogito all’imprenditore Antonio Rapisarda con una plusvalenza di 1 milione di euro.
Se è vero che non ci sono indagati, è altrettanto vero che non si tratta di una vicenda priva di ombre. Anche perché, sarà una coincidenza, ma il genero di Alberoni, Bartolomeo Corsini, professionista nel mondo della cinematografia e che ovviamente nulla c’entra con la vicenda della compravendita, è stato nominato direttore della Villa reale di Monza, nomina che fa capo al ministero della Santanché.
Insomma, la posizione della ministra, nonostante la tendenza della presidente del consiglio a tutelare a ogni costo i suoi, resta pericolante. Non poteva insidiarla una mozione di sfiducia, di quelle che se hanno un pregio è di ricompattare la maggioranza a cui appartiene lo sfiduciando; in questo caso poi il guadagno per il governo è stato doppio visto che ha plasticamente evidenziato le divisioni dell’opposizione. Tutto lascia credere però che se il rinvio a giudizio arriverà, Meloni non avrà esitazioni a rimuovere la ministra.
Ormai è convinzione diffusa che dopo le europee la leader della destra italiana, forte del suo presumibile successo elettorale, procederà a un rimpasto bonificando il suo governo dalle figure tecnicamente e politicamente più deboli.
Quale occasione migliore per liberarsi da una figura che da imbarazzate sarebbe diventata dopo un rinvio a giudizio impresentabile per una forza giustizialista come è sempre stata la destra post-fascista?