NON DIVENTARE MAI VECCHIA
Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marcia, chi non rischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce. Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero sul bianco e i puntini sulle “i” piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso , quelle che fanno battere il cuore davanti all’errore e ai sentimenti. Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul lavoro, chi non rischia la certezza per l’incertezza per inseguire un sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai consigli sensati. Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso. Muore lentamente chi distrugge l’amor proprio, chi non si lascia aiutare; chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante. Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce. Evitiamo la morte a piccole dosi ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare. Soltanto l’ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità
(Ode alla vita Pablo Neruda)
A fronte della domanda, che voleva essere provocatoria sull’età, lo guardò con il suo sguardo ironico e rispose: ”Io, caro amico, certamente dovrò invecchiare, ma stia certo che non diventerò mai vecchio”.
Era Indro Montanelli, il grande fiorentino che così rispondeva a un giornalista.
Se ne andò invecchiando, molto lentamente, a 92 anni.
Gillo Dorfless ha 107 anni, intellettuale, critico d’arte e pittore, filosofo, padre dell’Estetica italiana, studioso dei costumi, ha pubblicato saggi entrati nelle collane del pensiero mondiale e lavora ancora. Faccio un gran tifo per lui che conquisti altri giorni, tanti, mantenendosi così straordinariamente giovane.
Non voglio addentrarmi sul tema della vecchiaia in modo scientifico, ovviamente, ma tento qualche riflessione.
Ho letto interviste e considerazioni fatte da persone note e parlato con amici anziani e, come dicono in molti, credo sia vero che la “formula” della vitalità è quella di non ammalarsi e stare dentro la vita, imparando, lavorando e amando.
Tutti i grandi vecchi (chiamamoli così) amano la vita e vogliono vivere esperienze e sentimenti senza imprigionarli nel conformismo del tempo, che obbliga a diventare “maturi”e consentirsi piaceri conformistici (certamente c’è da considerare l’equilibrio altrimenti il grottesco è lo sbocco inevitabile).
In fondo sembra semplice, e lo è a dirsi, ma forse non è per tutti riuscirci davvero.
Vediamo alcuni nomi noti cosa dicono o si dice di loro relativamente a quest’aspetto.
Raffaele la Capria, attivissimo, ha 95 anni e afferma che la senilità è un dono del cielo, non solo perché si vive più a lungo.
Enzo Ferrari prese commiato a 90 anni. Intervistato da un giornalista, che gli chiedeva quale fosse il più bel ricordo della sua vita, rispose che doveva ancora arrivare e stava dandosi da fare perché accadesse.
Pablo Picasso, morto a 92, anni affermava che ci vuole molto tempo per riuscire a diventare giovani.
Manoel de Oliveira morì a 106 anni lavorando sino all’ultimo ai suoi film con grande energia.
Rita Levi Montalcini finì a 103 anni, ha scritto molto sulla vecchiaia e come fare per evitarla nel suo significato di perdita della lucidità.
Jerome Bruner, tra gli artefici della rivoluzione cognitiva a livello mondiale che negli anni Cinquanta diede avvio all’era dei computer, a 98 anni insegnava alla School of Law della New York University.
Enzo Spaltro a quasi 90 anni è ancora attivissimo.
Gina Lollobrigida ha 90 anni e gira il mondo.
Aldo Masullo ha 94 anni e se vi è possibile, ascoltatelo e leggetelo, io lo faccio sempre e mi serve molto.
Per tutti il punto è accettare la propria vecchiaia, ma non come declino, bensì come avanzamento di una narrazione avvincente, non come maturazione che, come per un frutto sull’albero, precede la caduta, ma come una diversa acerbità.
Dipende da come si pensa e si sente e se si continua a desiderare e stupirsi, se si pensa e quindi si vive, in modo “giovane”.
Nel 1981 Ellen Langer, docente di psicologia all’Università di Harvard, concepì un esperimento: trasferì otto uomini ultra settantenni per 5 giorni in un ex monastero nel New Hampshire, con la richiesta che dovessero vivere, parlare e comportarsi come se avessero avuto 22 anni di meno. L’ambiente fu arredato con mobili anni ’60 e televisori in bianco e nero che programmavano solo film e musica del 1959.
L’ambiente era senza specchi e gli ospiti portarono fotografie personali di quegli anni allo scopo di stimolare un’identità con l’epoca dell’ambiente circostante.
Per 5 giorni fecero un vero e proprio salto a ritroso nel tempo, e fu chiesto di discorrere come se quell’epoca fosse stata realmente il tempo corrente.
E al termine dell’esperimento, ciascuno degli otto uomini manifestò miglioramenti nelle capacità motorie, nella vista, e persino nell’epidermide che apparve più liscia e distesa.
Fenomeni come questi accadono per ragioni ben precise: la mente non distingue ciò che è reale da ciò che è vividamente immaginato, ogni persona è un sistema interconnesso di mente e corpo, tale per cui a ogni pensiero corrisponde una risposta fisiologica correlata nell’organismo.
Per pensare in modo giovane è utile anche non perdere contatto con i giovani, certo va bene frequentare persone della propria età ma attenzione al pericolo che possano trascinarci nelle quattro frequenti lamentazioni che cominciano per R: ricordi, rimpianti, rimorsi, rancori.
Poi bisogna continuare a lavorare, i grandi vecchi lo fanno tutti.
Un altro elemento che hanno in comune è la propensione, ricerca e costruzione della bellezza.
Cercano un equilibrio, un’armonia esterna che in fondo si combina con quella interiore.
In definitiva amano con tutte le sfumature che questa energia implica.
Ci sono troppe cose da fare, da capire, da sentire per potersene andare via troppo presto.