IL LINGUAGGIO E LA RAPPRESENTAZIONE

Giustapponendo virtualmente il concetto di pensiero a quello di realtà e proiettandolo sul campo del linguaggio prendiamo visione di ciò che viene chiamata filosofia del linguaggio.
Non a caso si è voluto premettere ai sostantivi pensiero e realtà un altro sostantivo, cioè concetto; si rende palese il fatto che, intersecando questi concetti , quello che otteniamo è ancora un concetto. Quello che rende interessante tutto ciò è il fatto che questo concetto risultante si trova gerarchicamente alla base di una piramide in eterna evoluzione discendente, la quale intesse le relazioni interne fra i vari concetti grazie al linguaggio. Possiamo parlare di concetti di concetti, i quali, per generarsi, hanno bisogno del linguaggio; il termine che useremo per questo processo è quello di dialettica. Ci troviamo nella situazione in cui questi due concetti (pensiero e realtà) si trovano in eterna dialettica fra loro grazie al linguaggio e da questa dialettica nasce la rappresentazione di tutto ciò che conosciamo.
La rappresentazione è il ponte fra la realtà in sé, intesa non come concetto, e la realtà come prodotto della dialettica. Il problema è adesso quello di capire quanto questa rappresentazione sia attendibile. Se analizziamo i concetti di pensiero e di realtà indipendentemente l’uno dall’altro ci si rende subito conto della enorme difficoltà che questa separazione comporta; lo sforzo che bisogna fare a questo punto è quello di immaginare un pensiero astratto.
Mettiamo il pensiero del bene: ci rendiamo subito conto che non possiamo immaginare il bene in sé, ma sempre accompagnato da qualche immagine o ricordo; ad esempio, quando ricordiamo qualche persona cara ci figuriamo in quella persona il bene. Ecco, questa è la rappresentazione, il ponte, ma per capire dove questo ponte conduce dobbiamo innanzitutto capire quello che c’è prima del ponte. Ed è questo che ci interessa. Facendo un altro sforzo cerchiamo di prendere nuovamente il pensiero del bene, questa volta però libero da qualsiasi rappresentazione; se riusciamo in questo processo, ci accorgiamo che il posto che prima era occupato dalla persona amata , viene ora rimpiazzato dal pensiero stesso. Quello che adesso abbiamo fatto la si potrebbe chiamare una “forzatura “ al pensiero, ossia abbiamo usato il pensiero per pensare un pensiero, cosa che si differenzia dalla dialettica per il fatto che il pensiero “volontario”, quello cioè che usiamo per pensare il pensiero, ricopre anche il ruolo del linguaggio. Non ci stupisce allora il fatto che questo processo possa andare avanti all’infinito, ma quello a cui dobbiamo prestare attenzione è che esso è in se stesso contraddittorio; questa contraddizione si verifica proprio nel momento in cui facciamo lo sforzo di pensare volontariamente il pensiero, e questo è il risultato di un altro movimento che avviene questa volta in direzione opposta a quella del linguaggio.
Infatti, il pensiero in sé ha una sua vita, indipendente dal nostro pensiero, e così come noi, grazie al linguaggio ci allontaniamo sempre più da esso, così lui (il pensiero in sé) subisce una spinta in direzione opposta e la contraddizione è proprio questo allontanamento.
In ultima analisi si può dire che la rappresentazione che abbiamo della realtà è minata alle sue fondamenta da questa contraddizione.