L’esodo di 550.000 giovani italiani: le cause e l’urgenza di un cambio di rotta
In dieci anni, oltre mezzo milione di giovani, molti dei quali laureati, hanno lasciato l’Italia per trovare all’estero opportunità che il loro Paese non offre. Quali sono le conseguenze economiche e sociali di questa emigrazione e come può l’Italia invertire questa tendenza?
(di Silvestro Delle Cave)
Negli ultimi dieci anni, 550.000 giovani hanno lasciato l’Italia per trasferirsi all’estero. La metà di loro è composta da laureati, giovani formati a cui il Paese non offre prospettive di futuro e che, con profondo dispiacere, si vedono costretti a lasciare la propria terra e le proprie famiglie. Questa fuga di talenti rappresenta una perdita di capitale umano e lavorativo stimata in 130 miliardi di euro e sottrae al Paese mezzo milione di giovani che dovrebbero contribuire al sistema pensionistico futuro.
Invece di affrontare seriamente la questione, la classe dirigente ha spesso liquidato questi giovani come “choosy”, scaricando su di loro la responsabilità del problema. Eppure, una volta all’estero, molti di questi ragazzi trovano opportunità di lavoro e realizzazione professionale che in Italia faticano a ottenere. La politica italiana dovrebbe riflettere su come trattenere questi giovani, anche per evitare ripercussioni sul sistema pensionistico: entro il 2040, infatti, ci sarà solo un lavoratore per ogni pensionato, e diventerà insostenibile mantenere le pensioni.
La vera soluzione passa da una serie di interventi strutturali. Prima di tutto, è essenziale offrire contratti stabili, non precari, per garantire maggiore sicurezza lavorativa. Inoltre, è urgente adeguare i salari al costo della vita: secondo l’OCSE, l’Italia è il Paese che ha subito il maggiore calo del potere d’acquisto. L’adozione di criteri meritocratici, in cui i concorsi siano davvero vinti dai più meritevoli, rappresenterebbe un passo avanti per attrarre e trattenere i talenti.
Anche le università dovrebbero liberarsi delle logiche di nepotismo, eliminando le dinamiche che favoriscono solo una ristretta cerchia di “prescelti”. È necessario riportare il merito all’interno delle istituzioni italiane, invece di costringere i giovani a cercarlo all’estero.
In un contesto di crisi demografica, questo esodo di capitale umano rappresenta una grave minaccia. Lasciare che i giovani emigrino, senza creare prospettive di futuro per chi resta, svuota il Paese del suo potenziale. Chi rimane spesso deve adattarsi a un sistema in cui le raccomandazioni prevalgono sul merito, sperando di ottenere un lavoro stabile. L’Italia non può definirsi un Paese moderno se, in un decennio, 550.000 giovani sono costretti a cercare altrove il futuro che qui non trovano.