Le conseguenze dei dazi americani sull’economia italiana. L’analisi della Svimez
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La presidenza Trump si è inaugurata con l’applicazione di dazi a Messico, Canada e Cina ed è certo che le prossime decisioni in questa direzione toccheranno alle importazioni dall’Europa. I leader europei, riuniti nel Consiglio d’Europa appositamente convocato, non hanno mostrato un’unità di fondo nel prospettare una risposta della UE. Se Francia e Germania hanno evidenziato la necessità di mantenere l’unità per non essere travolti dalle decisioni di Washington, non sono mancati i distinguo dall’Ungheria e dalla Polonia. Mentre la leader italiana, Giorgia Meloni, ha evidenziato che quello che interessa a Trump è negoziare e dunque meglio essere propositivi anziché predisporsi a una guerra commerciale da cui tutti avrebbero da perdere.
Ma quali sarebbero le conseguenze sull’export italiano? La Svimez ha provato a fare delle previsioni partendo dai dati consolidati negli ultimi anni e valutando anche le conseguenze per il Mezzogiorno.
Posto che gli USA sono tra i principali sbocchi dell’export italiano, assorbendo oltre il 10% delle esportazioni totali, il che equivale, ai dati del 2023, a circa 67 miliardi. Meccanica, Farmaceutica e Agroalimentare sono i settori che alimentano oltre il 40% dell’export italiano verso gli Stati Uniti. L’export nel settore trasporti supera i 10 mld: 5,7 per l’Automotive e il 5,8 per i restanti comparti (Aerospazio, Nautica, Ferroviario). Compresi tra i 4 e i 5 mld il valore dell’export del settore Moda, Mobilio, Elettronica e Informatica; tra i 2-3 mld l’export di Chimica ed Energetici.
Il mercato americano è poi particolarmente importante per il Mezzogiorno. La quota di export proveniente dal Sud e destinata agli USA equivale al 12,4%, superiore di circa 2 punti percentuali alla quota verso il mondo. In alcuni settori specifici, come Automotive, Elettronica e Informatica, il contributo del Mezzogiorno all’export verso gli Stati Uniti raggiunge percentuali del 28,4%. Nell’Agrifood siamo al 22,6% e per le esportazioni della Farmaceutica la quota del Sud equivale all’11,2%. Sugli Energetici, oltre il 64% delle esportazioni italiane verso il mercato statunitense registra come provenienza una regione del Mezzogiorno.
La Svimez ha quindi ipotizzato due scenari: uno con dazi al 10% e un altro con dazi al 20%. Secondo queste stime, nell’ipotesi in cui venissero applicati dazi ai prodotti importati dall’Italia (e dagli altri Paesi) al 10%, il PIL italiano subirebbe una contrazione di 1,9 mld (0,1 % del PIL): -1,6 mld al Centro-Nord e -257 mln al Mezzogiorno. In termini occupazionali, l’effetto misurato in unità di lavoro a tempo pieno sarebbe di circa 27mila posti di lavoro in meno, principalmente concentrati nelle regioni del Centro e del Nord (-23mila). Il Sud, dunque, subirebbe un impatto maggiore in termini di contrazione dell’export verso gli Usa, ma più contenuto sul Pil e occupazione, per effetto del minor contributo delle esportazioni al valore aggiunto dell’area. Nel caso di dazi al 20% l’impatto Trump sull’economia italiana ovviamente si aggrava. La perdita di PIL raggiungerebbe i 3,8 mld: 3,2 mld al Centro-Nord e oltre -0,5 mld al Sud e i posti di lavori a rischio supererebbero i 54mila: -46mila nelle regioni centro-settentrionali e -7mila nel Mezzogiorno.
Insomma, la ricerca indica chiaramente che i dazi americani arrecherebbero un danno notevole all’economia italiana, e in particolare all’economia meridionale. Questo proprio in una fase di pronunciata difficoltà complessiva dell’economia europea. Ovviamente sarà determinante capire se verrà attrezzata una reazione unitaria a livello europeo o avviando una trattativa paese per paese. L’una o l’altra potrebbero avere effetti diversi, ma le conseguenze avranno comunque un impatto non irrilevante sui dati economici del Paese.