La realtà virtuale, un nuovo modo per viaggiare, guarire e vivere
Parlare di realtà virtuale fino a tempo fa sembrava fantascienza, eppure a poco a poco, questa nuova tecnologia ha preso piede nella vita degli uomini.
Essa, nasce dalla combinazione di dispostivi hardware e software, che collaborando insieme, danno vita ad uno spazio virtuale in cui muoversi e compiere azioni. Per una perfetta immersione, essenzialmente, occorrono tre oggetti: un visore che avvolge la vista, un sistema audio e un computer o una console. Ovviamente, a permettere la giusta fruibilità, saranno tutti gli accessori essenziali, come un controller o un altro dispositivo input.
Il punto focale della realtà virtuale è senz’altro il VISORE VR. Tra i migliori, si annovera un Oculus Rift o una Playstation VR. L’obiettivo principale di un visore, è ovviamente creare una nuova dimensione che differisce dalla semplice esperienza 3D regalata da occhialini o tv. Lo schermo visore, infatti, a differenza dell’esperienza 3D, non ha punti ciechi. Essa permette a chi ne usufruisce di godere a pieno di ogni punto spaziale, grazie anche al movimento degli occhi e della testa. Tuttavia, anche lo smartphone, è capace di donare un’esperienza di realtà virtuale, è il caso di Samsung Gear VR, dove è il telefono a fungere da schermo virtuale in un apposito alloggiamento.
Il campo visivo di una realtà virtuale, in genere va dai 100 ai 110 gradi, utilizzando inoltre un “frame rate” (frequenza di fotogrammi) di circa 60 fps, fino ad arrivare ai 120, regalando una visione fluida senza scatti o rallentamenti.
I sistemi di realtà virtuale
La realtà virtuale, si serve di tecnologie varie per esprimere la sua efficacia massima. È il caso dell’Head Tracking, ossia, quel sistema che segue esattamente i movimenti del capo, quello che in termini tecnici, viene definito “i sei gradi di libertà”. “Il tracciamento della testa” richiede un visore che sia accessoriato di accelerometro, magnetometro e un giroscopio. A fare da spalla alla tecnologia da testa, è l’Eye tracking, ovvero un monitoraggio oculare che sfrutta attentamente il movimento degli occhi, offrendo, nelle fasce più alte, una visione “a fuoco”, tralasciando immagini in lontananza, così come avviene nella realtà.
Infine, a rendere l’esperienza virtuale ancora più completa è il Motion tracking, ovvero la tecnologia che tiene conto del movimento esatto dell’utente nello spazio. Essa è utilizzata nel campo dell’intrattenimento, militare, sportivo e medico.
La realtà virtuale in più settori
La realtà virtuale, sembrerebbe aver rivoluzionato non solo il settore videoludico, ma sembra aver preso piede anche nel settore turistico. Nel giro di pochi anni, infatti, grazie ad un visore VR, sarà possibile compiere “dei sopraluoghi” perfetti di mete turistiche in giro per il mondo, prima di procedere con la prenotazione effettiva del viaggio stesso. Anche per quanto riguarda lo shopping, tale tecnologia, potrebbe fare passi da gigante: provare abiti ed accessori, sarebbe alla portata di un clic, evitando il noioso passaggio in camerino. Anche negli ambienti lavorativi, la realtà virtuale, sembra aver cambiato il modo di “fare medicina”.
Differenze tra realtà virtuale, realtà aumentata e mista
Se nella realtà virtuale l’utente si isola completamente dalla realtà che vive, entrando in un mondo nuovo creato da zero, in altri tipi di tale tecnologia, la situazione differisce in alcuni punti.
Nella realtà aumentata, infatti, il mondo che circonda l’esperienza digitale, assomiglia molto più a quello creato digitalmente. Essa, infatti, aumenta la realtà già esistente, integrando elementi, informazioni ed oggetti in sovrapposizione. Se la prima tecnologia, sembra essere una di quelle specifiche per l’élite, la realtà aumentata, anche grazie all’uso di smartphone, sembra essere alla portata di più persone. I campi di utilizzo sono tra i più svariati: l’editoria, l’arredamento, l’istruzione e persino la medicina.
A fare da cuscinetto intermezzo tra le due realtà, vi è la realtà mista, un mondo dove realtà e vita digitale convergono in più punti, adattando i contenuti digitali al mondo già esistente. Essa permette l’interazione con oggetti reali e digitali. A vincere il podio sia in campo esperienziale che economico è senz’altro la realtà mista, la quale si serve di strumentazioni avanzate. Tra i più famosi, ricordiamo, Hololens di Microsoft e il visore magic Leap 1.
Tre tipi di esperienze virtuali
Come si è detto, la strumentazione per la realtà virtuale è tra le più disparate. In base a cosa si sceglie, ovviamente si otterrà un’esperienza differente. Tra le più note, se ne riconducono tre.
Nell’esperienza immersiva (RVI), il soggetto è immerso in maniera totale nella sua esperienza digitale, grazie anche ad un casco 3D, guanti, tracciatori sensoriali e molto altro. I canali percettivi del soggetto, sono collegati in maniera totale al mondo nuovo digitalizzato che lo circonda. I sensori (tracker), rivelano i movimenti del fruitore, e adattano l’immagine tridimensionale che andrà a vedere.
L’esperienza semi-immersiva (AR), invece, con l’ausilio di determinati dispositivi, permetterà la riproduzione di immagini stereoscopiche nella realtà che circonda il soggetto fruitore, dando vita al cosiddetto effetto tridimensionale.
Infine, l’esperienza non immersiva (desktop RV), è tipica dei giochi più popolari. Il soggetto, entra all’interno del nuovo mondo servendosi del monitor. I suoi strumenti di interazione sono il mouse, il joystick o altre periferiche moderne.
Accenni di storia e utilizzi medici
Il primo a parlare di realtà virtuale, sembrerebbe essere stato lo scrittore Stanley Weinbaum, che nel 1900, nel suo racconto “The Pygmalion’s Spectacles” racconta utopicamente della realtà virtuale, basata su registrazioni olografiche. Per maggiore concretezza, bisognerà attendere il 1989, quando Jaron Lanier, informatico e saggista statunitense, coniò il termine realtà virtuale, e diede vita alla prima compagnia di ricerca di tale branca. Dopo qualche anno di studi, si arrivò alla conclusione, che la realtà virtuale fosse in grado di aiutare la medicina nel suo utilizzo massimo.
Ad essere la prima destinataria di tale tecnologia, fu la psicoterapia. La realtà virtuale, infatti, significava avere un valido strumento di aiuto per terapeuta e paziente. Lo psicoterapeuta, può di fatto condurre all’interno di uno scenario, una serie di stimoli problematici, pianificando azioni di desensibilizzazione al problema, tenendo il tutto sotto controllo e alla portata di un clic. Tale controllo, permette una reale previsione di stimoli ed ostacoli, permettendo un graduale aumento, evitando brusche entrate in scena. Inoltre, il trattamento virtuale, permette allo specialista di avere sott’occhio gli eventuali comportamenti del paziente, agendo in maniera tempestiva, fornendo aiuto e sostegno, evitando, quindi, lo sterile racconto posticipato, come avviene nel cosiddetto colloquio classico.
Anche per quanto riguarda i disturbi fobici, la realtà virtuale sembra essere un valido alleato nella risoluzione degli stessi. Per la cura di una fobia, in genere, è predisposta l’esposizione attiva del soggetto alla sua fobia. Nel caso della realtà virtuale, il paziente può recarsi solo in maniera immaginifica al cospetto della sua paura, sottoponendosi in maniera graduale a stimoli negativi. La terapia virtuale, ovviamente è sotto il totale controllo medico, il quale sarà un essenziale mediatore tra mondo reale e virtuale.
Ulteriori utilizzi della realtà virtuale
Una delle pratiche più riuscite, è senz’altro quella riguardo il disturbo post-traumatico da stress. L’ Univeristà di Southern California, sotto la guida del dottor Albert Rizzo, intraprese la strada della realtà virtuale per quanto riguarda il disturbo da stress post traumatico tipico dei soldati veterani. Nella realtà virtuale, infatti, vennero ricreate situazioni simili alla realtà passata, restituendo al paziente ogni emozione che ha generato nel passato il cosiddetto trauma. Tale tecnica, permise al paziente di affrontare solo situazioni scelte, evitando l’affronto feroce di stimoli che non si ha ancora la forza di gestire.
Negli anni 90’, la realtà virtuale, arrivò persino ai disturbi del comportamento alimentare. Il mondo digitale, infatti, permetteva il confronto tra due immagini corporee, una reale ottenuta dalla misurazione oggettiva di un corpo, e quella soltanto percepita dal soggetto stesso. L’immagine reale e quella ottenuta dalla ricreazione soltanto immaginifica del paziente, permette l’equilibrio tra le due cose, sviando gradualmente l’immagine distorta che si ha di sé.
I limiti della realtà virtuale
Ogni applicazione di tale tecnologia, sembra ad oggi dare risultati strabilianti e concreti, tuttavia, anch’essa presenta dei punti critici. Gli studi condotti da Wiederhold B. e Wiederhold M, infatti, sottolineano come la realtà virtuale non possa essere estesa ad ogni tipo di problematica. I soggetti affetti da problemi cardiaci o epilessia, o ancora tossicodipendenza, infatti, possono ottenere solo effetti controproducenti. Basti pensare che taluni, possono avere una percezione della realtà di fatto già compromessa.
La realtà virtuale, ha rappresentato per molto la grande promessa dell’informatica. All’inizio degli anni ’90, infatti si pensava che essa avrebbe dominato molti aspetti della vita odierna. Nei dieci anni a seguire, sembrò scomparire, per poi tornare di moda subito dopo. Basti pensare che nel 2016, il fatturato ricavato dalla vendita dei visori, toccò cifre come i 2,3 miliardi di dollari. Non più una finestra sui videogiochi, ma una strada da seguire soprattutto in campo medico, per ciò che concerne la riabilitazione, la terapia, l’apprendimento in simulazione e molti altri ambiti medici e non.
In era Covid, dove la regola è stare a casa, la realtà virtuale, sembra non essere mai stata così desiderata come adesso.