La passeggiata di Francesco Totti
Può succedere che una partita venga dilatata a saga, a poema epico,
e che ogni suo episodio si colori come nessuno avrebbe mai pensato
assistendovi o addirittura prendendovi parte.
Il calcio è straordinario proprio perché non è mai fatto di sole pedate.
Chi ne delira va compreso, non compatito; e va magari invidiato, non deriso.
Il calcio è davvero il gioco più bello del mondo per noi che abbiamo giocato, giochiamo e vediamo giocare.
(Gianni Brera)
Ci sono a volte situazioni che colpiscono, inaspettatamente, per la loro bellezza e mentre il cervello dice di controllarsi, l’emozione vince e non puoi fare a meno di lasciarti andare commuovendoti, provando un “doloroso” piacere.
Come affermava Pier Paolo Pasolini il calcio è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo.
L’altra sera ho assistito, senza averlo programmato ma poi sono stato conquistato, a un evento straordinario, dentro una scenografia accuratamente preparata che ha messo in rilievo l’insieme complesso delle passioni e dove la spontaneità ha trovato la sua cifra distintiva.
Sto parlando dell’addio di (a) Francesco Totti.
Una rappresentazione intensamente coinvolgente e inevitabilmente commovente.
La sua lunga passeggiata con in braccio la bambina piccola, gli altri due e sua moglie:tutti e cinque bellissimi.
Le riprese tv riprendevano i volti di personaggi, noti e no, sugli spalti che esprimevano stati d’animo intrecciati e condivisi con sottotraccia comune l’amore.
Espressioni intense e come se in ogni volto l’amore volesse rallentare l’uscita di scena di quest’atleta, che si stava avviando con la sua lunga passeggiata verso il mondo del mito.
Dice “io adesso vado via, finisco e ho paura”.
Parole semplici, chiare, vere espresse senza pudore.
Dice “maledetto tempo” ma per lui il tempo è stato buono e non è finito.
L’essenza di ogni fine bello e buono non coincide con la fine e in qualche modo chi ha rappresentato molto rilancia una storia infinita.
Sono tanti, li dico come mi vengono in mente: Gigi Riva, Gino Bartali, Marco Pantani, Pelè, Fausto Coppi, Cassius Clay, i fratelli Abbagnale, Roger Federer, e moltissimi altri che sono nell’aria e riempiono la storia per sempre.
Però non avevo mai visto una festa come quella per Francesco Totti.
Una grande metafora che ha per un magico momento unito tutti, anche gli avversari.
La potenza emotiva di quel cartello dei laziali che conteneva un omaggio al grande avversario mi è sembrata bellissima.
Faceva capire che ci possono essere avversari che sono buoni nemici, opposti a una diffusa tendenza a riempirci di falsi amici.
Il Francesco Totti che era festeggiato, con amore, non era solo un giocatore ma un uomo intelligente e simpatico di una romanità schietta e non caricaturale, che ha conquistato con la sua condotta di vita oltre che con i suoi risultati sportivi, e la sua vera appartenenza al club sapendo rinunciare a molto pur di farne parte e così ne è diventato parte definitivamente.