La Fiammante azienda al 100% italiana
Trovare aziende dove la qualità e l’etica professionale vengono al primo posto è difficile, ma sono caratteristiche che si ritrovano ne La Fiammante, azienda al 100% italiana.
Situata a Buccino in provincia di Salerno ai confini del Parco Nazionale del Vesuvio l’azienda impiega circa 400 addetti disposti in circa 100 mila mq.
L’alta qualità frutto della selezione delle migliori materie prime e la tutela e il valore del lavoro del contadino fanno di questa azienda una vera e propria eccellenza italiana.
La Fiammante è anche il brand di punta di ICAB, ovvero Industrie Conserve Alimentari Buccino, azienda che produce e distribuisce altri due marchi che fanno la storia conserviera del Made in Italy, come: La Paesana o F.ll. Paudice, nato insieme a Cirio e infine La Reale.
Nella GDO il marchio La Fiammante è presente in, Sigma, Carrefour, Conad, Coop e Decò, dove incide per il 90% nel fatturato globale di ICAB che è di circa 20 milioni. Mentre l’export pesa per il 30% con oltre 45 Paesi raggiunti.
Due chiacchiere con Francesco Franzese
Ringrazio infinitamente il CEO de La Fiammante Francesco Franzese per aver accettato gentilmente di fare una lunga a gradevole chiacchierata rispondendo ad ogni mia curiosità.
- Quando nasce la vostra azienda?
- L’azienda nata a Napoli negli anni 50′ nel quartiere di Ponticelli via argine, trasferita poi a Buccino in provincia di Salerno nel 2005.
- Quindi tanti anni di storia, ma lei è molto giovane, da quanto tempo ne è diventato CEO?
- Si ormai sono 70 anni di storia, e per quanto riguarda me sono CEO appunto nel 2005 sin da subito.
- La sua azienda ha dei principi e valori importanti che sono basi fondamentali oggi.
- Si, cerchiamo di dare il sentimento alle cose, poi fare un prodotto così giusto per farlo anche ad esempio abbattere i costi non è da tutti
- Da dove provengono i pomodori La Fiammante è quanti addetti impiegate per ogni stabilimento?
- In pratica la materia prima arriva da varie regioni, dalla Campania, Puglia, Basilicata, Molise, Abruzzo e Toscana. All’interno dello stabilimento in fase di produzione lavorano circa 350 persone direttamente e circa altre 500 persone lavorano all’indotto dell’azienda, che si occupa sia delle materie prime sia degli imballi che dei trasporti, intorno all’azienda lavorano circa 1000 persone.
- In quanti Paesi distribuite attualmente e quanti ancora sono in fase di espansione?
- Attualmente siamo in 45 Paesi ma contiamo di espanderci ancora in altri, siamo affamati.
- È vero che i vostri prodotti sono apprezzati dai migliori chef a livello internazionale ma soprattutto dai maestri pizzaioli?
- Si, noi lavoriamo nel campo dei supermercati e anche della ristorazione di fascia medio-alta. La ristorazione ovviamente ma il grosso è il consumo del mondo della pizzeria. Diciamo che abbiamo i migliori pizzaioli che utilizzano i nostri prodotti per citarne alcuni, c’è Gino Sorbillo, Di Matteo, per le eccellenze napoletane. Poi se andiamo a Londra c’è Franco Manca, abbiamo le migliori catene di ristoranti e pizzerie che utilizzano il nostro pomodoro.
- È vero che per due anni consecutivi precisamente nel 2016 e 2017 La Fiammante ha vinto il premio “Eccellenza dell’Anno Le Fonti Awards”?
- Si questo é un premio tra l’altro fatto proprio all’interno di Piazza Affari a Borsa Italiana, e ci fu appunto questo riconoscimento proprio per il percorso etico e per il modello che abbiamo messo su. Però etico perché comunque non tralascia nulla, dal giusto prezzo del produttore agricolo e dell’azienda che poi riesce a sostenerlo. Ad esempio dici, ok fa un ottimo lavoro in agricoltura, paga bene i produttori però poi dopo tre anni deve chiudere perché non riesce a sostenere i costi, principalmente la vittoria è stata quella.
- Proprio basandoci su questo le chiedo, per certi versi quanto è difficile far combaciare il tutto cioè quanto impegno ci vuole per mantenere l’azienda su livelli di standard così alti?
- Allora, per un certo senso difficile si, ma se hai l’impegno e la passione e l’amore per il lavoro che fai le cose vengono con un filo diretto. Ad esempio io penso al lavoro anche quando sono a lavoro cioè bisognerebbe staccare la spina ma io non lo faccio mai. Sempre facendo un esempio, se sono al mare la domenica, già dopo due ore sono al telefono pensando al lavoro chiamando tutti iniziando dal produttore agricolo, perché oltretutto si instaurano rapporti umani dove alla fine oltre al lavoro iniziamo a parlare anche delle problematiche di vita quotidiana, per farle capire un po’.
- Agganciandomi proprio a ciò che mi ha detto poc’anzi, soffermandosi sulla tutela e il lavoro del contadino valori di punta della vostra azienda, quanto è importante rispettare questi valori?
- Esatto come ha detto, il valore del lavoro e la tutela, praticamente in poche parole noi in termini economici abbiamo il giusto prezzo che permette al produttore agricolo di avere la giusta remunerazione. Cioè poter pagare i propri dipendenti per tenere a posto a livello regolare, e per poi emarginare dopo, quindi un prezzo della materia prima che diamo a questi produttori, slacciandoci da tutti gli accordi nazionali. Perché il prezzo del pomodoro viene stabilito a livello nazionale dalle associazioni che poi vengono stabilite sempre un mese prima della raccolta. Noi invece 8 mesi prima della raccolta facciamo il prezzo, che poi lo facciamo per noi al di là del mercato, perché poi lo sa, il mercato sale e scende di continuo.
- Beh soprattutto in questo periodo particolare di pandemia giusto?
- Esatto esatto, invece i nostri prezzi sono bloccati in qualsiasi avversità. Ad esempio per la verità a gennaio dell’anno scorso feci un prezzo che praticamente era un prezzo buono per i produttori, però visto la pandemia, visto il prezzo, alla fine lo abbiamo elevato circa l’8%, abbiamo ulteriormente elevato il prezzo per partire con un aumento. Poi è stato nostro intento di produttori per poi portarselo in fattura perché c’era un prezzo stabilito in modo diverso, cioè ci siamo sentiti di farlo perché è stato un anno difficile, dove a marzo in piena pandemia avevamo i nostri produttori che andavano in campagna a programmare il pomodoro di luglio e agosto.
- Molto spesso si leggono tanti episodi di caporalato ecco secondo lei, da CEO di una grande azienda come La Fiammante, cosa si potrebbe fare per contrastare questo fenomeno?
- Allora, noi abbiamo adottato la raccolta meccanica. La raccolta meccanica in poche parole va un po’ a decapitare il problema, perchè praticamente sostituiamo la macchina all’uomo. È vero che dall’altra parte si pensa che le persone non lavorano, però è anche vero che oggi per come sono le regole e per come è strutturato il lavoro del pomodoro fresco, oggi non riusciresti mai a pagare e far raccogliere il pomodoro ad un italiano o immigrato che sia e pagare il giusto prezzo, è sparametrato. Quindi il primo filtro deve essere quello della raccolta meccanica, io parlo per me ovviamente nel mio settore perché poi il caporalato esiste in tutti i campi. Parliamo del pomodoro perché è semplice ma come ho detto è presente in tutti i settori dell’edilizia al manifatturiero per farle alcuni esempi. Il secondo problema è culturale, purtroppo è uno di quelle grosse problematiche perché le persone non si informano. Perché è vero che ci sono poi delle difficoltà sui costi però poi dall’altra parte se ci si mette insieme, si fanno cooperative dove con le associazioni si possono arrivare a risolvere i vari fenomeni appunto di caporalato.
- È un argomento molto vasto ma c’è anche un altro problema, e mi riferisco ad un discorso molto complicato ovvero alle famose “etichette poco trasparenti” dove si omettono i vari passaggi dal campo allo scaffale del supermercato. Secondo lei il consumatore come fa a risalire a queste informazioni?
- Bisogna soprattutto avere delle competenze e esperienze per leggere le etichette, perchè delle piccole cose che per il consumatore non sono niente magari legalmente al produttore gli stai salvando il lavoro.
- Altra domanda curiosa che le pongo da consumatore, quale è la differenza tra pomodoro sostenibile e pomodoro a km 0?
- La sostenibilità e il pomodoro a km 0 sono discorsi diversi. Il pomodoro a km 0 fu lanciato da slow food ma è un qualcosa che si è sgonfiato alla grande perché è stata una questione utopica alla fine. Diciamo che il km 0 alla fine è marketing però non è detto che il pomodoro che vendono sotto casa sia migliore di quello che sta a 50 km. Dipende dalle tecniche e dai prodotti fitofarmaci presenti in agricoltura. Oggi c’è una lotta integrata, ad esempio noi siamo ad un filo dal biologico in tutti i prodotti e poi abbiamo anche il biologico certificato. Però con la lotta integrata abbiamo una dicitura dritta in agricoltura dove praticamente azzeriamo l’utilizzo di fitofarmaci per eliminare le varie problematiche delle piantagioni. Sul discorso della sostenibilità purtroppo bisogna, diciamo seguire l’evoluzione che ha un’azienda. Ad esempio, lei può mangiare un pomodoro non sostenibile che comunque fa un grande ragù e uno sostenibile che non le piace. È la qualità del prodotto che conta alla fine. Noi per esempio abbiamo adottato, a breve partiremo con la blockchain, dove parliamo di una tecnologia che praticamente fotografa tutti i passaggi che fa il pomodoro, dove veramente si va dalla inseminazione del seme fino alla fase finale. Immagini che addirittura si certifica per esempio quante persone hanno lavorato quel giorno in quel campo e con quali mezzi sono arrivati. Se arrivano in furgone o in macchine cioè veramente qualcosa di eccezionale, poi la tecnologia del blockchain che tra l’altro viene usato per le cripto valute è un sistema che è indelebile, dove se anche si fa un solo errore lo registra, quindi praticamente è come se ti mettessi a cuore aperto. Ovviamente è un qualcosa di molto lontano, sempre facendo un esempio, alla semplice zia Maria che va al mercato e che fa la spesa e non riesce a capire queste cose. Ma comunque tra 10-15 anni questo sarà uno strumento molto valido.
- Mi saprebbe dire quanti tipi di pomodoro esistono? Soprattutto quelli reperibili in Italia? E se si, quali sono quelli più nobili che utilizzate?
- Allora le qualità sono infinite non si contano perché ogni Paese e paesello ha la sua qualità. Quindi i più famosi sono i San Marzano Dop e il pomodorino del Piennolo. Poi ci sono tutto il resto dei pomodori che vengono usati nei pelati quindi per la passata e per la polpa e quelli sono ibridi, sono dei semi che poi ogni 4-5 anni cambiano perché durano poco. Noi quello che usiamo principalmente è una varietà che si chiama Telor di una grande società sementiera per fare il pelato. Mentre per fare la polpa usiamo la Pietra Rossa.
- Prima di salutarci, ha qualche progetto futuro di cui ci vuole parlare?
- Ci sono tanti progetti, uno in particolare, dove voglio parlare delle persone che non sono state molto fortunate nella vita, soprattutto per le persone che sono in carcere e che stanno scontando la loro pena. Quello che ci interessa è creare dei corsi per pizzaioli e farli diventare pizzaioli in modo che poi quando avranno finito questo percorso è importante riuscire a trovare un lavoro per reinserirsi nella società e soprattutto non ricadere negli errori. Tralasciando questo per farle capire, conosco pizzaioli che andando all’estero guadagnano circa 3 mila euro al mese mentre qui in Italia se ne guadagnano 2. Quindi principalmente noi diamo una possibilità a chi vuole lavorare e diventare pizzaiolo in modo che non si torni a delinquere. Abbiamo richieste di pizzaioli dalla Francia dall’Inghilterra…ovunque praticamente.
Concludo l’intervista con un messaggio solidale e parlando di un progetto così importante da fiducia e soprattutto speranza verso chi vuole ricominciare una nuova vita. Ringrazio ulteriormente Francesco Franzese per la grande disponibilità confermando ancora grande umanità e professionalità .