La coltivazione dell’amicizia
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Ci vorrebbe un amico
per poterti dimenticare,
ci vorrebbe un amico
per dimenticare il male,
ci vorrebbe un amico
qui per sempre al mio fianco,
ci vorrebbe un amico
nel dolore e nel rimpianto.
A. Venditti
A volte, e purtroppo sempre più spesso con l’avanzare dell’età, mi accorgo che è molto più gratificante un dialogo con me stesso piuttosto che un soliloquio con un altro.
Se “l’altro” non è amico, non desidero parlare con lui di me o di noi o di altro che so che non acquisterà valore generativo nel momento in cui comunichiamo senza mettere in comune del valore.
Penso che davvero l’amicizia con la sua rarità sia un bene prezioso.
Ero a Vienna qualche giorno fa e un amico che non sentivo da molto tempo è tornato e questo mi ha fatto un grande piacere, ci siamo rivisti e abbiamo riannodato i fili della nostra storia.
La stessa cosa mi sta succedendo qui, dove sono ora a Cagliari, con un’altra amicizia che era “in sospeso” e riprende.
Non so se un amico è ancora amico e questo mi spiace anche perché non so perché non lo è più.
So sicuramente che l’aver terminato lo scambio d’auguri per il compleanno con una mia vecchia amica, indica che è arrivata la data di scadenza.
Lo abbiamo detto con tristezza e senza rancore o attribuzione di colpe all’altro.
Non abbiamo cercato motivi, abbiamo verificato che non ce ne erano e ci siamo salutati con affetto.
Non dovevamo mantenere un rito che essendo sparita l’energia che gli dava calore diventava una pratica formale.
L’amicizia è complessa ed è difficile parlarne ma provo qualche altra considerazione.
La prima è che è possibile che si sviluppi se c’è presenza e reciprocità.
Quando nei sistemi umani si parla di buon clima, si descrive un luogo in cui i soggetti si riconoscono, reciprocamente, valore, dialogano in modo vitale e costruiscono storie comuni in un tempo di vita passato bene insieme per qualche tipo di scopo.
In questi casi, con gradualità diverse, c’è l’amicizia.
Il tessuto di cui è composta l’amicizia è l’energia emotiva investita e il tempo passato insieme dandosi valore con, appunto, la presenza e la reciprocità.
La combinazione tra queste due prospettive permette diversa intensità di socializzazione: nella conoscenza professionale prevale la componente sociologica rappresentata dal comune interesse verso lo scopo, con la consapevolezza che lo stare insieme è una condizione chiave per la sua realizzazione.
L’amicizia si arricchisce, e si complica, quando diventa psicologica.
In questo caso l’essere amici diventa lo scopo della relazione.
Naturalmente possono coesistere entrambe le dimensioni e quando accade, la relazione è particolarmente ricca e duratura perché l’avere un progetto, ne dà una consistenza che rilancia il senso di stare insieme.
Amicizia: un sentimento che ha bisogno di manutenzione costante
L’aspetto delicato è quello che la “manutenzione”, dell’amicizia richiede anche sensibilità speciale nei confronti dell’amico.
Aumentando la vicinanza cresce anche la fragilità della relazione: la continuità richiede “attenzione”. Nell’amicizia c’è la costruzione di una storia che comprende pezzi di vita che diventano ricordi generativi altri pezzi di vita.
I ricordi non sono foglie morte che marciscono nel terreno, ma al contrario sono semi per alimentare la narrazione della propria storia comune.
In un rapporto di questo tipo la complessità è vissuta e dinamica, i sentimenti, le emozioni, s’intrecciano con la razionalità, la logica in dialoghi ora profondi ora leggeri ma sempre rivelatori e generatori di senso.
C’è una consonanza elastica e sfumata e lo sviluppo di un’apertura di sé che solo nell’apertura dell’altro trova una libertà che può permettere, la possibilità di costruire progetti di vita.
La vera amicizia è anche fatica, generosità e lotta per la sua continuità, superando ascolti veloci e percezioni superficiali.
Non è un dovere, può anche finire, ma fino a quando esiste, è ampia e reticolare.
La distribuzione complessa dei comportamenti e delle parole nel tempo, sanno dare un valore all’insieme e al singolo episodio.
Ogni fatto o scambio è interpretato dalla qualità profonda della relazione che ne costituisce. Nell’amicizia il rapporto è vivo e va coltivato e non con la capacità di mettere in comune i fatti e le emozioni.
La sensibilità non deve andare in letargo, nell’amicizia ci si fida e confida, si lotta contro il fraintendimento e il malinteso.
Ma l’aprirsi all’altro è rischioso, quindi il non farlo è un modo di difendersi per il timore di essere delusi.
Succede che persone emotivamente ricche e desiderose di vicinanza interpretino comportamenti di cameratismo come amicizia emotiva e quindi progettino, inconsapevolmente, un tradimento delle loro attese con conseguente rancore verso chi ha, involontariamente, tradito.
E’ vero anche l’opposto, ossia che chi desidera solo cameratismo si senta “invaso” da un’emotività non desiderata.
Così come nell’amore il grande problema è quello della qualità e intensità delle reciprocità e dell’equilibrio dinamico nel tempo.
Il fraintendimento è “favorito da una diffusa scarsità emotiva e prevale la strumentalizzazione finalizzata delle relazioni, si frequenta “chi ci serve” più di chi “sentiamo in sintonia”.
Occorrerebbe che le organizzazioni fossero più poetiche e luoghi di bellezza oltre che di efficienza, perché nell’amicizia c’è risonanza e si può “crescere” insieme senza perdere la propria identità ma anzi rinforzandola attraverso il dialogo, dove si combinano profondità e superficialità, gioco e progetto, parole e silenzi in un tempo vivo di vita.
Credo che nell’amicizia e quindi un vero amico:
Ti ascolta, cerca di capire cosa provi e cosa pensi, ma poi, se necessario, sappia essere duro con le tue contraddizioni ma morbido e vicino nella riconferma del tuo valore e del vostro rapporto.
Non tradisce le attese di presenza, rispetta gli impegni, ti cerca anche solo per dirti che c’è.
E’capace di perdonare i tuoi errori perché il credito accumulato di dialogo permette grandi generosità, sa distinguere gli episodi dal processo e le azioni dalle intenzioni.
Il vero amico è capace di interrogarsi su se stesso e dipanare le contraddizioni e le ambiguità dei gesti e delle parole percepite per passare a quelle comunicate, dove ciò che vale è ciò che ci si dice.
Il vero amico non tradisce: l’amicizia può finire ma l’amicizia tradita è dolorosa come la fine di un amore tradito (e forse di più perché nell’amore non ci sono regole nell’amicizia si).
Poi l’amicizia richiede competenza e fatica per saperla coltivare e mantenere ma non può essere richiesta se non c’è o finisce e come nell’amore la cosa dolorosa è che quando accade non avviene in simultanea.