L’Italia e la Nuova Via della Seta
Negli ultimi anni si è molto parlato di “Nuova Via della Seta”, il progetto cinese di integrazione economico-commerciale con i mercati e le infrastrutture del mondo europeo. Lo scopo è quello di creare un’immensa rete di contatti tra Pechino e l’Europa, attraverso nuove vie terrestri e marine in grado di velocizzare il flusso di import-export tra Oriente e Occidente.
La via terrestre correrà dalla regione cinese dello Yangtze fino agli importanti poli commerciali del centro Europa, come Duisburg, Amburgo e Rotterdam. Accanto alla costruzione dei nuovi impianti ferroviari saranno potenziate la rete energetica e le infrastrutture di telecomunicazione.
Il progetto più ambizioso di Pechino è però la costruzione di una direttrice marittima, che dall’India, passando per Suez, arriverà nel Mediterraneo, fino al porto greco del Pireo. È questa la notizia che può interessare più da vicino il Belpaese, che dispone di scali portuali orientati in entrambe le direzioni del Mediterraneo, in primis Ancona, Livorno, Genova e Cagliari. L’uscita del Regno Unito dal mercato comunitario potrebbe qualificare l’Italia come un interlocutore privilegiato del gigante cinese. Le merci dallo stivale sarebbero pronte per essere trasferite verso nord, con l’integrazione della via terrestre. Il risvolto più importante sarebbe quello di accedere ai finanziamenti dell’AIIB (Banca Asiatica per le Infrastrutture), in modo da rimodernare le infrastrutture del paese senza drenare fondi dalle casse statali, come stanno facendo Indonesia, Pakistan e Oman.
Un’occasione questa che forse non è passata inosservata in Italia, che potrebbe giocare d’anticipo rispetto agli altri paesi occidentali, con la visita del Premier cinese Xi Jinping a Roma il prossimo 20 marzo, nonostante il governo gialloverde abbia rimarcato il sostegno all’alleanza atlantica, in netta competizione con il progetto di Pechino. Gli USA negli ultimi due anni hanno avviato infatti la costruzione di un progetto di scambi analogo, diviso in due aree, pacifica ed atlantica, che non può che vedere nella Cina il più grande concorrente.
Sebbene la “lealtà” del Belpaese all’asse atlantico-occidentale sia fuori dubbio, è anche vero che questo è sempre stato capace di barcamenarsi tra le due sfere di influenza; le dichiarazioni del governo, ostili ma accomodanti, nei confronti della Russia di Putin, il diavolo in persona per il Tycoon di New York, sono da leggersi in questo senso. Che il 20 marzo l’Italia riesca a prendere la palla al balzo e rispondere alle esigenze di Pechino, risolvendo al contempo (o tendando di risolvere) l’annoso problema dei fondi per le grandi opere di infrastruttura?