Istat: inflazione beni energetici al +6,6%
L’indice Ipca al netto dei beni energetici importati prevede che i dati sull’inflazione continueranno ad aggravarsi, la rilevazione tiene conto dei cambiamenti metodologici
Secondo quanto rilevato dall’Istat, l’indice Ipca al netto dei beni energetici importati prevede che l’inflazione raggiungerà nel 2023 un valore del +6,6%. Seguirà poi nel 2024 un valore di +2,9% e del +2,0% nel 2025, per poi ripetere lo stesso valore nel 2026.
Tale previsione, secondo quanto dichiarato dall’Istat, “Tiene conto dei cambiamenti metodologici introdotti quest’anno relativi alla scelta dell’indicatore di riferimento da utilizzare per i prezzi dei beni energetici importati e della nuova elasticità di risposta dei prezzi al consumo dei prodotti energetici rispetto alle variazioni tendenziali dei prezzi all’import della componente energia. Essa risulta pari a 0,308. Nell’aggiornamento della nota metodologica si evidenzia come, nella fase di crescita dei prezzi dei beni energetici relativa al periodo 2021-2022, la stima della nuova elasticità di risposta, con riferimento alla finestra di stima 2013-2022, sia statisticamente più significativa”
Tali informazioni, oltre che rappresentare il grandissimo impatto della crisi energetica sull’inflazione, sono un punto di riferimento per i costi delle pubbliche amministrazioni, specie sul personale ad esse dedicato. Vanno quindi a influenzare le risorse che si dovranno stanziare a carico del bilancio e degli enti pubblici.
Da segnalare in questo contesto la perdita del potere d’acquisto dei lavoratori, che essi dipendano da aziende private o pubbliche, e conseguentemente la possibilità dell’aggravarsi delle condizioni familiari delle famiglie povere.
In questa circostanza si identifica la possibilità che, al fine di evitare ulteriori danni, ci saranno tagli nei fondi destinati ad altri settori, è quindi necessario da parte delle istituzioni prendere al più presto provvedimenti prima che lo scenario si inasprisca ulteriormente.