Il giallo di Silvia Romano: quanto è costata all’Italia la sua liberazione?
Nessuna notizia ufficiale circa il riscatto pagato al gruppo islamico di Al Shabaab per la liberazione di Silvia Romano, ma il consigliere provinciale della Lega alla Spezia, Alessandro Rosson, si lascia sfuggire la cifra di 4 milioni.
La vicenda
Era il 20 Novembre 2018 quando a Chakama in Kenya, Silvia Romano, veniva rapita dai terroristi di Al Shabaab. Il rapimento avvenne nel villaggio dove la giovane lavorava a favore dei bambini e dei giovani del luogo, diminuendo con le sue azioni sociali, la dispersione scolastica.
Tre i nomi dei suoi rapitori ufficiali: Moses Luwali Chembe, Abdalla Gababa Wario e Ibrahim Adan Omar, anche se la banda criminale era composta da otto membri.
Un volo dell’Aise (servizi segreti esteri), partito da Mogadiscio, in Somalia, fino a Ciampino quello della Romano, per tornare in Italia. Secondo fonti dell’Intelligence Silvia sembrerebbe essere stata liberata a circa 30 km da Mogadiscio, in una zona colpita fortemente dalle precipitazioni atmosferiche.
A strappare il velo del silenzio, sembra essere stato il consigliere della Lega, Alessandro Rosson. Il primo, infatti, a parlare della cifra di 4 milioni, per il riscatto della Romano.
«Usa, Russia, Inghilterra, Cina non pagano riscatti – argomenta Rosson nel suo social post – che piccolo Paese siamo diventati».
Anche Matteo Salvini (Segretario federale Lega Nord), commenta aspramente la liberazione della cooperante italiana.
«Greta e Vanessa, una volta liberate dissero subito: ‘noi torneremo là’…Credo che fosse il caso di pensarci un po’…È chiaro che nulla accade gratis ma non è il momento di chiedere chi ha pagato cosa. Prima di fare cose che mettono a rischio la vita di donne e uomini delle forze dell’ordine, in Italia e all’estero, però bisognerebbe pensarci cento volte».
Le eventuali spese “riscatto” dell’Italia
Era il 2015 quando a seguito di una lunga trattativa con il Fronte al-Nusra e il governo italiano, con l’aggiunta di un riscatto, non confermato, che Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, entrambe vent’enni, furono liberate. Malgrado il governo smentisse il pagamento del riscatto, fu un’indiscrezione proveniente da Aleppo, sulle operazioni dell’Intelligence italiana a portare alla luce alcuni fatti. È il Tempo (quotidiano romano) a parlare di riscatto: dal 2003 fino al 2015, lo stato italiano sembrerebbe si sia fatto carico di 75 milioni di euro per liberare 19 ostaggi. A confermare tale ipotesi, fu un reo confesso, della milizia locale, il quale confessò di essersi intascato cinque dei milioni pagati per il loro riscatto.
Numerose quindi le somme di denaro finite in mano ai Jihadisti vicini ad al Qaeda. Secondo indiscrezioni, infatti, un milione di euro, quelli dati alle forze criminali, per la liberazione di Marco Vallisa (tecnico piacentino rapito in Libia nel 2014) e Gianluca Salviato (tecnico, scomparso nello stesso periodo in Libia). Stessa somma anche per Simona Torretta e Simona Pari (cooperanti sequestrate nel 2004 in Iraq, liberate dopo un mese). Quattro i milioni di euro per la liberazione di Domenico Quirico (rapito in Siria nel 2013, rilasciato dopo 150 giorni di prigionia).
Somme che la Farnesina nega di aver pagato per il riscatto di questi uomini e di queste donne. Ipotesi, che ad oggi, proprio come quella riguardante Silvia Romano, restano un punto di domanda.
La storia di Silvia Romano
Originaria di Milano, Silvia Costanza Romano, studia presso la Unimed Ciels (facoltà che si occupa di mediazione linguistica). La sua storia inizia con l’attività di volontariato presso l’associazione Africa Milele Onlus (associazione a favore dell’infanzia in diversi paesi africani). Tornata dal Kenya, la giovane cooperante, decise di partire per Chakama, nonostante, uno dei suoi colleghi, le sconsigliasse quella meta, poiché pericolosa. Al momento del sequestro, Silvia, era da sola nel suo appartamento, e di certo, gli aggressori, come racconta Lilian Sora (presidente di Africa Milele), il suo sequestro era del tutto mirato, poiché non ci si trovava in una zona ricca di attività commerciali. Il sequestro, fin da subito sembrerebbe essere stato ricondotto a scopo estorsivo.
Diciotto i mesi della sua prigionia, durante la quale, Silvia Romano ammette di non aver dovuto mai subire molestie, violenze, o aggressioni di alcun tipo. Tre, le dimore, dove sarebbe stata nascosta dai suoi sequestratori, dove pare avrebbe scritto un diario, rimasto nelle mani dei Jihadisti. Scesa dall’aereo, la giovane, non sembra provata, ma ciò che lascia sconcerto negli occhi di tutti, è il suo abbigliamento: abiti lunghi di tradizione islamica, e la dichiarazione successiva, di essersi convertita all’islam. Anche il nome, sembrerebbe essere mutato, insieme a lei in questi diciotto mesi. Silvia Romano, adesso è Aisha.
Il commento positivo di Luigi Di Maio
Di tutt’altra natura la reazione di Di Maio (ministro degli esteri).
«Silvia è una giovane ragazza che ha vissuto 18 mesi da prigioniera. Prima in Kenya. Poi in Somalia. A soli 23 anni. Grazie all’impegno di donne e uomini dello Stato oggi è nuovamente in Italia, tra le braccia della sua famiglia. E questa è l’unica cosa che conta. Silvia è viva, sta bene. Adesso, per favore, un po’ di rispetto».
Anche Gualtiero Bassetti (arcivescovo Consiglio Episcopale Permanente) commenta l’accaduto, vedendo in Silvia, la possibile figlia di ognuno di noi.
Islamofobia e sessismo
A dare un nome ai dubbi che molti italiani stanno avendo in queste ultime ore è Cecilia Strada (attivista per i diritti umani ed ex presidente di Emergency). L’attivista, infatti sottolinea come ci sia stato un attaccamento morboso sull’abbigliamento della Romano, ma soprattutto sul fatto che abbia avuto una conversione religiosa. Tali perplessità lasciano trapelare dei pregiudizi, più comunemente chiamati con il nome di -islamofobia- vedendo nella diversità forse, il male a cui siamo stati abituati a vedere oggi nelle barbarie Isis. E sulla calca dei precedenti sequestri, Cecilia Strada, si pone una domanda: «Quando viene rapita una donna diventa Silvia, Vanessa, Simona. La stessa cosa non succede con gli uomini. Perché?».
Una questione controversa che divide il popolo tra contrari e favorevoli. Un denaro che sembra essere stato dato o non dato agli Jihadisti per la liberazione. In una questione intricata, che si tinge di giallo, dove Silvia Romano, parte per fare del bene, vive la prigionia, e torna Aisha. Una questione che divide l’Italia più di quanto non abbia già fatto il coronavirus, con le sue regole di distanziamento sociale. In un momento difficile, dove una notizia come questa, per qualcuno è motivo di festeggiamento, per altri qualcosa che impoverisce ancora di più le casse dello Stato.