Problemi, costi e opportunità della giustizia in Italia (parte I)
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Di Gennarino Iovino
Il problema della giustizia in Italia ha chiari risvolti negativi tanto sociali quanto economici. Secondo la commissione europea, la giustizia italiana è la peggiore in Europa. Il Belpaese, risulta infatti agli ultimissimi
posti per i tempi complessivi della giustizia: non solo per le sentenze di primo grado, ma anche per quelle di secondo e terzo grado. Se nel 2016 erano necessari 514 giorni per ottenere una sentenza di primo grado,
nel 2017 ne occorrevano, mediamente, 548. Ovvero oltre un mese in più. Siamo difronte al dato più alto in tutta Europa. Il quadro appare ancora più allarmante se si va oltre. Se si guarda al dato riguardante gli altri
due gradi di giudizio: oltre due anni per il secondo pronunciamento e ben 1300 giorni, ovvero 3 anni e mezzo, per la sentenza definitiva. Ed il dato più che allarmante attiene anche alla giustizia amministrativa.
Secondo la relazione annuale di valutazione sulla giustizia della Commissione europea, nel 2017 ci sono voluti quasi 890 giorni per una decisione in questi tribunali. Soltanto Cipro, Malta ed il Portogallo hanno fatto peggio. L’Italia è il nono paese dell’UE per quanto riguarda l’ammontare pro-capite di soldi spesi nel sistema della giustizia: 96€ per cittadino. Di cui quasi il 65% serve a coprire i salari dei giudici e del personale dei tribunali. Lentezza ed inefficienze del sistema della giustizia, incidono negativamente sulla percezione di cittadini ed imprese nei riguardi di essa: solo il 37% dei cittadini ritiene che essa sia indipendente e soltanto il 39% delle imprese crede nella stessa cosa. Quest’ultimo dato, in particolare, ha chiari risvolti economici. Perché la scarsa fiducia, genera bassi investimenti da parte delle imprese, soprattutto straniere, nel nostro Paese. Se in un anno nel regno unito gli investimenti stranieri arrivano a 45 miliardi di euro, in Spagna 20, in Italia ci si ferma a 5. Sono quasi 9 milioni i procedimenti pendenti e circa 7 milioni i nuovi processi aperti ogni anno nel nostro Paese. Secondo la Banca d’Italia, il malfunzionamento della giustizia causa una perdita di PIL pari all’1%, ovvero quasi 16 miliardi di euro. E ciò rallenta la crescita.
Molto interessante è, a tal proposito, una analisi sviluppata dal Cepej (council of European commission for the efficiency of justice) nel 2018, che analizza i motivi per cui si ricorre alla giustizia. Il maggior numero di cause civili viene aperto per insolvenza; seguono le cause di divorzio e, in campo penalistico quelle per furto ed omicidio. A fronte di una ricaduta pro capite di 35€ a persona come media europea, in Italia giudici e PM incidono per 50€ a cittadino. Probante, al fine di giudicare le ricadute pratiche ed i risvolti economici negativi legati alla farraginosità e lentezza della giustizia italiana, è la cd. “ legge Pinto” del 2001. In effetti, i procedimenti avviati ma pendenti, possono riguardare pendenze fisiologiche del sistema come ad esempio quelle relative a processi avviati da poco e le pendenze patologiche. Ovvero quelle irrisolte nei termini previsti. Per ovviare a questo secondo problema che è strutturale, nel marzo 2001 è stata questa legge, il cui scopo è quello di prevedere un equo risarcimento per le lungaggini processuali a favore di coloro i quali abbiano subito un danno patrimoniale e non, a causa del mancato rispetto del termine “ragionevole“ di cui all’art 6, paragrafo 1 della “convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali “.
Tale ragionevolezza, essendo individuata in 3 anni per il procedimento di primo grado, 2 anni per il secondo e 1 anno per la cassazione. La legge Pinto in particolare stabilisce che, indipendentemente dall’esito della controversia, si ha diritto ad un risarcimento in denaro per ogni anno di eccessiva durata del processo pari a circa 1000-1500 euro e fino ad un massimo di 2000 euro in casi di particolare rilevanza. Secondo il Ministero della Giustizia, da quando è in vigore tale legge, sono 968 mila circa i processi che superano i limiti della ragionevole durata tra penale e civile. In questo periodo, per questo problema strutturale, lo Stato ha avuto condanne per quasi un miliardo di euro. Il carico di arretrato è di 3 milioni di processi da smaltire nel civile e oltre 1,5 milioni per ciò che riguarda il penale. Le imprese, ogni anno devono far fronte a spese per oltre 3 miliardi di euro solo per i contenziosi lavorativi. Un caso per licenziamento richiede in media 2 o 3 anni solo per il primo grado. Tale lentezza, costa al paese più di 40 miliardi di euro. Uno studio Cer-Eures del 2017 ha evidenziato che se i tempi della giustizia italiana fossero analoghi a quelli tedeschi, avremmo un aumento aggiuntivo di quasi 2,5 punti di PIL e di 1000 euro di reddito pro capite e una diminuzione della disoccupazione di 130 mila unità.