Fitto, la mano armata (di forbici) della premier
Il PNRR fa discutere: il controllo politico del ministro Fitto evidenzia una gestione che favorisce alcuni e penalizza il Sud. Polemiche e blocchi di fondi sollevano dubbi sulla reale priorità del Governo: la ricerca del consenso piuttosto che rispondere alle necessità dei territori
(di Raffaele Cimmino)
Che qualcosa non torni per quanto riguarda il Pnrr non è più un mistero. Il laborioso programma di riscrittura ha visto tagli clamorosi di risorse per le infrastrutture. Peraltro, il dato più evidente e ormai incontestabile è che il Sud viene colpito maggiormente. E’ chiaro da tempo che Fitto, il ministro a cui sono state consegnate le chiavi del Piano, ha un solo compito: orientare politicamente l’impiego dei fondi, dosarli, dirottarli, nel caso bloccarli. Non soltanto per conseguire l’obiettivo dell’impiego effettivo e quindi per guadagnarsi le restanti rate dalla commissione Ue, ma soprattutto per utilizzare in chiave di riproduzione del consenso una mole di risorse che piovono addosso al Paese in un momento in cui l’economia certo non tira e non si vede nessuna luce in fondo al tunnel dell’economia italiana.
I soldi del Pnrr verranno dati solo a chi si piega alla contrattazione con il plenipotenziario della presidente del Consiglio. Questa è la reale conseguenza dell’accentramento in una cabina di regia della gestione del piano. Una cabina di regia posticcia che di fatto ha un solo protagonista, il ministro pugliese, che è la mano armata (metaforicamente, s’intende) della premier.
Fitto è il gran visir che dispone del rubinetto di tutti i fondi, compresi quelli europei. Ancora non si capisce, infatti, perché i fondi del Fsc che spettano alla Campania, e parliamo di più di cinque miliardi, restino congelati, nonostante anche un ricorso al Tar abbai dato un termine per disporre il trasferimento di risorse, che, bisogna ricordarlo, non vengono graziosamente elargite dalla presidente del Consiglio e dai suoi ministri ma che spettano per legge alle regioni, alla Campania in questo caso.
Tutta questa vicenda, che ruota intorno alla figura dell’ex giovane politico di Forza Italia convertitosi al melonismo, riguarda chiaramente la concezione autoritaria che permea il Governo e chi lo presiede. Così si spiega come la politica dell’esecutivo sia finalizzata quasi soltanto alla riproduzione del consenso in vista delle europee. Ma non solo. L’obiettivo neanche tanto dissimulato è quello di indebolire le regioni e i grandi comuni a guida centro-sinistra, si veda la penosa vicenda del blocco parziale dei fondi per le aree alluvionate dell’Emilia Romagna o il clamoroso autogol della procedura di scioglimento per infiltrazione mafiosa del comune di Bari.
Che le risorse vengano sapientemente dosate tra amici e nemici lo testimonia anche l’ultima vicenda dello spostamento di più di un miliardo di fondi destinati al piano “Verso un ospedale sicuro e sostenibile” nell’ambito Pnc, il Piano complementare parallelo al Pnrr. Anche qui il giochino è già quello visto con lo spostamento di risorse, in questo caso verso il cosiddetto ex art. 20. Si tratta in realtà di un vero e proprio taglio lineare alla sanità, come testimoniato non soltanto da una dettagliata analisi della Corte dei Conti, ma anche della vera e proprio rivolta da parte del presidente della regione Calabria, Occhiuto, che è della stessa parte politica di Fitto, nonché della contrarietà dell’assessore alla sanità lombardo che pure ha un presidente di destra.
Insomma, se questo Governo è sempre più il Governo dei tagli, le forbici sono ben salde nelle mani del ministro Fitto.