Elezioni Europee 2019, come funzionano e quali sono le forze in campo
Tra il 23 e il 26 maggio di quest’anno avverranno nei 28 stati membri dell’Unione Europea le elezioni della IX legislatura dell’UE, che decreteranno la composizione del Parlamento Europeo. Il Parlamento è eletto ogni cinque anni ed è l’unico organo ad elezione diretta tra le istituzioni europee, a cui partecipano i 751 eurodeputati, che avranno il dovere di amministrare il più grande organo elettivo del mondo, per il più grande corpo elettorale (circa 375 milioni di persone). Il Parlamento, con sede a Bruxelles, non esercita iniziativa legislativa, ma si limita ad esprimersi in merito alle mozioni della Commissione, di cui può sollecitare l’azione. La Commissione Europea, organo non elettivo, è formata dal Presidente di Commissione, scelto dal Consiglio Europeo e confermato dalla votazione parlamentare ed è il vero organo legislativo dell’UE. L’attuale presidente del Parlamento è Antonio Tajani, del partito Italiano Forza Italia (membro del gruppo PPE) eletto nel 2017, in seguito alla vittoria del ballottaggio contro Gianni Pittella, senatore del Partito Democratico. Anche gli attuali presidenti di Commissione Jean Claude Juncker e del consiglio Europeo Donald Tusk, sono esponenti dello stesso gruppo.
All’interno del Parlamento i partiti nazionali si riuniscono in gruppi parlamentari, (al momento 9), incluso quello dei non iscritti; per la creazione di un gruppo parlamentare c’è bisogno che vi aderiscano partiti di almeno un quarto dei paesi UE e che questo riunisca almeno 25 deputati. Il gruppo attualmente più numeroso è quello del PPE, Partito Popolare Europeo, con 219 seggi (29%), di orientamento conservatore liberale, fortemente europeista; oltre a Forza Italia, vi aderiscono la CDU tedesca di Angela Merkel, il Conservative Party di Theresa May, il CSU bavarese e il Partido Popular spagnolo e il Partito Repubblicano francese; tutte forze uscite pesantemente provate dalle ultime tornate elettorali nazionali. Al
momento il PPE governa in coalizione con i gruppi Alde e SeD (Alleanza Progressista dei socialisti e dei democratici), gruppo che riunisce le forze socialdemocratiche europee ed è il secondo più numeroso con 189 seggi; ne fanno parte il Partito Democratico italiano e l’SPD, partito socialdemocratico tedesco.
Il gruppo Alde (Alleanza dei liberali e dei democratici per l’Europa), il cui presidente è Guy Verhofsdadt, di orientamento liberale e centrista, che riunisce le forze che spingono per una più marcata sovranità degli organismi europei rispetto a quelli nazionali, per la globalizzazione, il libero mercato e il multilateralismo; attualmente nessun deputato italiano ne fa parte sebbene sia appoggiato dal neonato partito Più Europa e
tra i candidati di punta del gruppo figuri Emma Bonino. Dopo le elezioni il presidente del gruppo ha annunciato che questo sarà sciolto per costituire un nuovo progetto di cui faccia parte anche il partito En Marche, di Emmanuel Macron, attualmente non allineato.
Seguono i Verdi di V/Ale, di orientamento progressista ed ecologista, che allo stato attuale contano 52 seggi, il cui unico membro italiano è Marco Affronte; in particolare alcune forze, come Die Grunen, i Verdi tedeschi, hanno registrato un grande balzo in avanti rispetto alle passate legislature, facendo pensare che quello dei Verdi sarà un gruppo destinato ad aumentare i consensi (ai danni di PPE e SeD). La sinistra radicale è rappresentata invece dal gruppo Gue/NGL, cui aderisce il movimento spagnolo Unidas Podemos, che ha registrato un enorme aumento dei consensi alle elezioni di poche settimane fa, il partito tedesco Linke e Rifondazione Comunista, attualmente conta 52 seggi, che certamente vedremo crescere dopo il 27
maggio.
La novità più importante di questa tornata elettorale è costituita però dai cosiddetti partiti populisti, forze che hanno monopolizzato la discussione politica negli ultimi due anni, attualmente rappresentati in maniera molto poco evidente nell’istituzione europea. Tutti i partiti populisti/sovranisti sono divisi tra i gruppi ECR, ENF e Efdd e sono contraddistinti da un più o meno moderato euroscetticismo e dal voler tutelare la sovranità dei singoli stati a discapito delle direttive europee. L’ECR (Conservatori e Riformisti europei) è attualmente il primo di questi gruppi, con 71 seggi, che porta avanti istanze conservatrici di destra, ed è al momento appoggiato da Fratelli d’Italia; l’Efdd (Europa della libertà e della democrazia diretta), di cui fanno parte Movimento 5 Stelle e l’Ukip di Nigel Farage, riunisce i partiti che vogliono aumentare la partecipazione dei cittadini alla politica europea ed è di orientamento realmente populista. È tuttavia il gruppo ENF (Europa delle Nazioni e delle Libertà) quello su cui sono puntati di più i riflettori:
euroscettico e di orientamento sovranista, questo riunisce le più importanti forze conservatrici europee, dalla Lega di Mattero Salvini, al Rassemblement National di Marine le Pen, oltre a importanti alleati come gli austriaci dell’FPO (di cui fa parte Kurz, attuale premier dell’Austria), l’Afd tedesco e il Partito per la Libertà olandese, tutte forze sopra il 10% che sono esplose alle ultime elezioni europee. Al momento il gruppo esprime solo 36 seggi in Europarlamento ma è, ovviamente, destinato ad accrescerli molto.
Sebbene i sondaggi fanno ipotizzare che sarà possibile riformare l’attuale coalizione PPE-SeD-Alde, sebbene non con l’attuale percentuale di seggi, è possibile che alla luce dei recenti mutamenti nel campo politico europeo possano venirsi a creare scenari diversi, con la sostituzione delle forze di centrosinistra con i partiti populisti. Variabile indipendente è il destino della Gran Bretagna, che, non avendo raggiunto un accordo per la Brexit, ha annunciato che parteciperà alle votazioni di maggio, salvo poi, secondo quanto prefissato, raggiungere un accordo per uscire in luglio, ma i frequenti capovolgimenti in merito alla vicenda fanno sì che non si possano fare dei calcoli esatti. L’immagine riflessa dall’attuale Parlamento è quella di un Europa profondamente diversa, in cui il centro sinistra sembrava aver saldamente in pugno le urne di tutti i paesi membri, situazione che non si può certo dire vera nello scenario attuale, con casi eclatanti di ribaltamento come quello italiano, dove il Partito Democratico aveva segnato il 41% delle preferenze alle elezioni del 2014, mentre adesso sembrerebbe appena superare il 21%.