Tavares si dimette e lascia Stellantis in un mare di guai
Carlos Tavares si è dimesso da CEO di Stellantis, lasciando dietro di sé una scia di polemiche per una presunta buonuscita di 100 milioni di euro, poi smentita. Tuttavia, ciò che non può essere negato è il suo carattere deciso: il manager portoghese ha lasciato il suo incarico prima della scadenza naturale del mandato, prevista per il 2025. Questa decisione ha provocato un ulteriore crollo delle azioni in borsa, che già registravano una perdita del 50% dall’inizio dell’anno.
Una scelta di tempismo discutibile
Dal punto di vista di Tavares, la scelta potrebbe essere vista come un atto di tempismo strategico. Stellantis, con un fatturato di 189,5 miliardi di euro nel 2023 e 242.000 dipendenti, è nata dalla fusione tra Psa (Peugeot, lo Stato francese e la cinese Dongfeng Motor) ed Exor, la finanziaria della famiglia Agnelli. Tuttavia, il gruppo è in difficoltà da tempo.
Tavares, già CEO di Psa, ha generato circa 50 miliardi di euro di utili per Stellantis, distribuendone oltre 11 miliardi agli azionisti. Nonostante questo, la produzione non ha registrato gli stessi risultati positivi: si prevede un calo del 31,7% nel 2024 rispetto all’anno precedente. La flessione riguarda sia il settore auto (-40,7%) che quello dei furgoni (-10,2%).
Delocalizzazioni e crisi italiana
La gestione di Tavares ha rafforzato i timori di un progressivo disimpegno di Stellantis dall’Italia. Sono aumentate le delocalizzazioni produttive in Polonia, Serbia e Marocco, mentre gli stabilimenti italiani operano al minimo. Questo è dimostrato dall’ampio utilizzo della cassa integrazione a Mirafiori e Pomigliano, senza che siano stati lanciati nuovi modelli promessi dalla società.
La transizione elettrica mancata
Sebbene Stellantis sia il gruppo europeo che ha puntato di più sull’elettrico, la transizione non ha preso forma come previsto. L’azienda contava sui sussidi statali per sostenere il cambiamento, ma questi non sono arrivati a causa delle nuove regole europee sulla finanza pubblica.
Inoltre, il mercato europeo dell’auto è in crisi generale, con un calo delle vendite che le case automobilistiche non sono riuscite a contrastare. La concorrenza cinese si fa sempre più aggressiva, offrendo veicoli elettrici a prezzi molto competitivi. Volkswagen, ad esempio, ha annunciato 30.000 licenziamenti a causa delle difficoltà del mercato.
John Elkann sotto pressione
La presidenza di John Elkann lo espone ora a pressioni crescenti. La commissione Attività Produttive della Camera dei Deputati ha richiesto un’audizione, che l’erede Agnelli ha inizialmente rifiutato. Tuttavia, il governo continua a spingere per un impegno più chiaro sulla produzione italiana.
Una delle principali richieste riguarda la revisione del termine del 2035 fissato dall’UE per la fine della produzione di motori endotermici in Europa. Tutto sembra dipendere da questa possibile concessione.
Problemi in attesa di soluzioni
Rimangono irrisolti i problemi del settore automobilistico italiano, a partire dalla mancanza di nuovi modelli per sostenere l’indotto della componentistica, già in difficoltà per le delocalizzazioni. Anche la transizione all’elettrico appare complicata: arriverebbe troppo tardi e con una competitività limitata rispetto ai produttori cinesi.
Un esempio emblematico è la gigafactory per la produzione di batterie per auto elettriche, prevista a Termoli e rimandata a tempo indeterminato proprio da Tavares.
Una crisi da affrontare
Le dimissioni di Carlos Tavares rappresentano il simbolo di una crisi profonda nel settore automobilistico europeo. Quello che un tempo era il comparto produttivo più forte del continente deve ora essere ripensato completamente per affrontare le nuove sfide imposte dalla transizione energetica e dalla crescente concorrenza asiatica.