Corporate Venture Capital è la principale fonte di investimento di startup e PMI italiane
Il numero di soci Corporate che hanno investito in digital economy negli ultimi due anni è aumentato sensibilmente. A confermarlo sono i dati annuali del quinto osservatorio sull’open innovation e il corporate venture capital italiano, promosso tra gli altri da Assolombarda, Italia Startup, aventi partnership scientifiche di InfoCamere e degli Osservatori del Politecnico di Milano. Le startup innovative sono incrementate dell’83,7% tra settembre 2018 e settembre 2020, da 7.653 a 14.055 unità. Considerando unicamente le partecipazioni dirette, il numero di quote si attesta a 6.018, per un incremento del 62,3%.
Nel mezzogiorno italiano
A questi numeri si aggiungono quelli delle PMI, mai analizzate fino a quest’anno dai dati dell’osservatorio, che si attestano a 5.900, di cui 1.941 a partecipazione diretta. La maggioranza dei soci del fondo ha sede nel nord del paese. Per le PMI e le startup la percentuale di presenza nel settentrione d’Italia è rispettivamente del 68,7% e del 58,4%. Questi dati fanno si che la distribuzione di entrambe sia più omogeneamente distribuita sul territorio nazionale, in quanto il flusso di investimenti del fondo al nord ha ripercussioni anche sulle startup e PMI che operano nel mezzogiorno. Basti pensare che i soggetti beneficiari del fondo sono il 29% del totale, e tale percentuale genera il 43% degli addetti impiegati in tutte le start-up e PMI italiane.
Il Corporate Ventura Capital
Il Corporate Ventura Capital è un investimento volto a finanziare l’avvio o la crescita di un’attività in settori ad alto grado di sviluppo. Tali attività generalmente sono anche ad alto rischio per il mercato dei prestiti bancari, e conseguentemente al supporto di iniziative di business innovative. A fronte dell’alto rischio, anche il rendimento che ci si aspetta da un investimento sarà molto elevato. Il venture capitale sostiene l’AIFI è una attività di investimento nel capitale di rischio delle imprese non quotate col fine di valorizzare l’impresa.
Dunque il CVC tramite i suoi fondi prelevano quote di capitale nelle start-up col il fine di incrementarne la performance sotto l’aspetto innovativo e tecnologico. Ad oggi è il principale strumento di open innovation. Gli strumenti utilizzati per il CVC sono l’investimento diretto in equity nelle società, ovvero mediante l’acquisto di azioni, o l’investimento indiretto mediante i fondi.
Il commento
<<I dati di quest’ultima edizione dell’Osservatorio un’ulteriore crescita delle aziende che investono in startup e PMI innovative un fenomeno, ora più che mai, fondamentale per la ripresa economica del nostro territorio considerato che la dimensione del nostro ecosistema innovativo è ancora ridotta rispetto a altre realtà nazionali che competono con noi come Francia, Spagna e Germania>>, fa sapere Stefano Venturi, Vicepresidente di Assolombarda con delega a Attrazione Investimenti e Startup.
La ricerca di Cerved
La ricerca di Cerved, una delle principali agenzie di rating in Italia, dal titolo “Dimensioni e impatti del CVC in Italia” mostra che le startup con una partecipazione corporate crescono di più di quelle partecipate da fondi di investimento con metodi più tradizionali. Anche il tasso di fallimento è più basso: solo il 4,1% delle partecipate corporate è uscita dal mercato nel 2015, contro il 16% delle altre. Anche all’estero i CVC sono incrementati sia per numerosità sia per le somme investite.
Negli USA, l’incidenza del CVC rispetto al mercato del Venture Capital è aumentata sia in termini di numero di operazioni sia per l’entità degli investimenti. I maggiori CVC al livello mondiale sono: Google Ventures, Intel capital, Salesforce ventures, Qualcomm ventures, Microsoft ventures e Samsung ventures (fonte cbinsights.com). L’impatto degli investimenti CVC, in cui le società esistenti cercano partecipazioni azionarie di minoranza in giovani imprese, ha innescato un numero elevato di ricerche.
La ricerca
Gli studiosi hanno studiato una serie di argomenti importanti in questo spazio emergente, prevalentemente a livello organizzativo. Dokko e Gaba (2012) così come Hill e Birkinshaw (2014) discutono di CVC a livello personale. La ricerca a livello organizzativo rientra in quattro categorie principali: studi che esaminano precedenti alle decisioni CVC, quelle che esaminano la struttura dell’unità CVC stessa, quelle che esamina i risultati del CVC, e gli studi che esaminano il CVC dal punto di vista dell’azienda che riceve l’investimento.
Generalmente investono in capitale di rischio fondi o persone fisiche, tra questi vi sono i cosiddetti business angel. Essi decidono di investire i loro risparmi sulla prospettiva di crescita di un’impresa.
I tre tipi di investimento
A seconda del ciclo di vita dell’impresa l’investimento si suddivide in tre categorie:
- Investimento in fase di avvio dell’impresa (Early stage): Avviene nelle prime fasi ed è volto a lanciare l’attività dell’impresa. È la forma di investimento sulla quale si incentra la sopravvivenza stessa di una start-up, che, di norma, nelle prime fasi, non riesce a sostentarsi con il solo fatturato. Questo finanziamento può arrivare in fase di avvio dell’impresa, ma anche in una fase del tutto sperimentale, quando vi è solo un prototipo del prodotto o servizio che l’azienda andrà a vendere;
- Investimento in fase di sviluppo (Expansion): Questo finanziamento supporta lo sviluppo e il consolidamento di società già esistenti che si trovano ad affrontare delle criticità o che hanno bisogno di fondi per affrontare un passaggio decisivo, ad esempio l’internazionalizzazione o un’espansione significativa del team;
- Investimento in fase di cambiamento (Replacement): Questo tipo di intervento mira alla ristrutturazione della base azionaria. In questi casi spesso l’investitore prende il posto di uno o più soci uscenti, per evitare che i soci desiderosi di disinvestire possano frenare lo sviluppo, e si mettono le basi per l’entrata di nuovi soci che condividano le nuove strategie di business dell’azienda.