COP27, conclusa la Conferenza delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici
di Silvestro Delle Cave
Si è svolta dal 6 al 18 novembre a Sharm el-Sheikh in Egitto la COP27, Conferenza delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici. La COP27 quest’anno ha riproposto l’Africa optando per Sharm el-Sheikh in Egitto, dopo la COP7 e la COP22 a Marrakech, la COP12 a Nairobi e la COP17 a Durban.
L’evento è stato blindato per la paura di proteste antigovernative. La strategia di Al-Sisi per i diritti umani lascia ancora spazio alla loro violazione, ma un segnale chiaro è venuto dalla COP27 con la presenza di 36 ONG da tutto il mondo tra cui Amnesty International, che ha chiesto al Governo egiziano di favorire le manifestazioni pacifiche ed impedire violenze e l’arresto dei partecipanti. Greta Thunberg, icona dell’ambientalismo internazionale, non ha preso parte alla COP27, considerandola una conferenza di facciata che non responsabilizza seriamente gli Stati sui temi ambientali e della sostenibilità.
Non è mancata la presenza del Primo Ministro Giorgia Meloni al suo primo evento internazionale sul clima. Le proteste sono incalzate con la presenza della sponsorizzazione della Coca-Cola vista come uno dei principali inquinatori di plastica al mondo. Greenpeace è stata la principale oppositrice di Coca-Cola.
I dati rilevanti del Word Meteorological Organization, presentato alla COP27, elencano i punti critici che mettono a rischio il nostro pianeta e la salute delle persone e si possono riassumere in:
- Temperature (1,15 gradi sopra i livelli preindustriali),
- Mari (da gennaio 2020 a gennaio 2022 il livello medio dei mari è salito di dieci millimetri),
- Ghiacciai (la superficie glaciale dal 1950 a oggi si è ridotta del 30%),
- Siccità (fiumi europei come il Danubio e il Po sono scesi a livelli preoccupanti),
- Malattie (la salute dell’uomo è condizionata dai cambiamenti climatici),
- Cibo (ridurre gli sprechi alimentari e usare energie rinnovabili).
Si è discusso poi anche della rigidità dei piani nazionali che sembrano essere molto conservativi e poco aggiornati sulla riduzione del gas serra, appena lo 0,5%, meno dell’1% delle emissioni globali stimate per il 2030. Un livello definito nel rapporto UNEP (Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente) “completamente inadeguato”. Così facendo sarà impossibile rispettare gli accordi di Parigi sul clima.
Il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha espresso apertamente che è stata rotta la fiducia tra il Nord e il Sud del Mondo, e la politica del “loss and damage” è la soluzione per una “reciproca distruzione assicurata”.
Più di 150 Paesi hanno chiesto l’istituzione di una struttura finanziaria che possa far arrivare loro dei sostegni. La restante parte dei Paesi del Mondo si oppone a tale proposta e secondo Maurizio Albrizio, direttore ufficio europeo di Legambiente, la ragione risiederebbe nell’aggravio sui bilanci nazionali di tali risorse addizionali.
Alla fine l’accordo è stato raggiunto, i Paesi ricchi che fanno capo all’EU e USA e quelli guidati dalla Cina hanno concordato la nascita di un fondo per i paesi poveri flagellati dai danni del riscaldamento globale. Il progetto del fondo sarà portato alla prossima COP28 a Dubai.
La Cina e il G77 hanno redatto un documento finale dove gli aiuti economici saranno destinati ai Paesi più vulnerabili. Resta però aperto il nodo dell’utilizzo dei combustibili fossili, infatti sarà rispettata la riduzione graduale del gas senza cattura di Co2. Russia e Arabia Saudita dopo un anno di distanza dalla COP26 di Glasgow si sono opposte ai limiti di immissione di anidride carbonica e ci si ritrova così, a distanza di un anno, con 40 miliardi di tonnellate in più di immissioni. Si auspica comunque che alla prossima COP28 venga messo sul tavolo con forza il tema dello sviluppo delle rinnovabili e della nascita di un vero supporto economico da parte di Banche di Sviluppo.