Ci sarà una svolta green dopo la pandemia?
La pandemia da coronavirus sta radicalmente cambiando abitudini, modi di vivere e modelli di produzione. Ci sono una vastità di temi su cui pensare per una svolta verde.
La domanda di Ronchi
«I consumi sono calati, l’attenzione sui consumi alimentari è cresciuta dopo si tornerà al punto di partenza precedente, come se niente fosse accaduto, o avremo fatto qualche passo avanti per capire meglio le sfide del nostro tempo?». Si domanda Edo Ronchi, presidente della Fondazione dello Sviluppo Sostenibile.
Il punto di partenza
L’emergenza sanitaria deve spingerci a ripensare il rapporto tra uomo e cibo. Il punto di partenza saranno le città che nel 2050 ospiteranno il 70% della popolazione mondiale. Bisogna pensare ad un green approach per le città rendendole smart e meno inquinanti. La pandemia ha visto la sconfitta di modelli di produzione agricola e zootecnica. Questi modelli all’insegna dell’aggressività ambientale hanno avuto effetti negativi sugli ecosistemi naturali. Basti pensare che il commercio incontrollato e spesso illegale di specie selvatiche è stato all’origine del passaggio di patogeni tra uomo e animale.
I prodotti che consumiamo quotidianamente provengono dalle parti più disparate del globo. In Italia, rispetto ad un consumo interno di materiali di 489 milioni di tonnellate, ben 322 vengono importate. Questo vuol dire che per ogni 10 kg di materiale, 6.5 kg sono di provenienza estera.
La pandemia ha fatto riflettere sui danni riguardanti il sistema di gestione rifiuti e dell’economia circolare. È necessario riconoscere come il crollo dei consumi energetici sta generando una riduzione delle emissioni di CO2 nel breve periodo. Il trend italiano dei consumi medi italiani sono alti 1.91 tep/anno. Questi dati sono alti rispetto agli 1.66 tep/anno della Germania, i 1.58 tep/anno della Danimarca e i 1.28 tep/anno della Svezia.
L’utilizzo degli spazi nelle abitazioni
Altro fattore importante è che è cambiato l’utilizzo degli spazi nelle abitazioni. Molte persone sono rimaste a casa a lavorare incrementando il fenomeno dello smart-working. È cambiato il modo di concepire l’abitazione, non più solo come dormitorio ma anche come luogo di lavoro e non solo. Lo smart-working sarebbe fondamentale per decongestionare il traffico delle città con effetti benefici sull’aria. A questo si aggiunge l’importanza dello spazio urbano. Si è riscoperta una struttura urbanistica che assicuri prossimità delle residenze ai servizi, alle strutture lavorative e ricreative.
L’uscita da una drammatica crisi
Uscire da questa drammatica crisi significa integrare una transizione verde nel piano per il rilancio dell’economia e non solo in Italia. Un primo passo potrebbe essere quello di eliminare i sussidi ambientalmente dannosi. Essi sono stati stimati nel 2018 in 19 miliardi di euro.
«I vecchi modelli economici si sono dimostrati obsoleti e incapaci di reagire, vanno sostituiti con un’industria innovativa, forte e sostenibile». Ha commentato Francesco Alemanni, portavoce nazionale del partito dei Verdi.
L’Europa sembra decisa anche alla luce della nuova presidenza ad investire in campo verde. Basti pensare alla decisione della Banca Europea per gli Investimenti di chiudere linee di finanziamento di fonti non rinnovabili, per dirottarle verso la lotta al cambiamento climatico. Questo per far emergere progetti finalizzati alla transizione energetica e allo sviluppo di fonti rinnovabili.