Avere ragione è facile, basta essere arroganti!
Chiedo scusa
Chiedo scusa al caso se lo chiamo necessità.
Chiedo scusa alla necessità se tuttavia mi sbaglio.
Non si arrabbi la felicità se la prendo per mia.
Mi perdonino i morti se ardono appena nella mia memoria.
Chiedo scusa al tempo per tutto il mondo che mi sfugge a ogni istante.
Chiedo scusa al vecchio amore se do la precedenza al nuovo.
Perdonatemi, guerre lontane, se porto fiori a casa.
Perdonatemi, ferite aperte, se mi pungo un dito.
Chiedo scusa a chi grida dagli abissi per il disco col minuetto.
Chiedo scusa alla gente nelle stazioni se dormo alle cinque del mattino.
Perdonami, speranza braccata, se a volte rido.
Perdonatemi, deserti, se non corro con un cucchiaio d’acqua.
E tu, falcone, da anni lo stesso, nella stessa gabbia,
immobile con lo sguardo fisso sempre nello stesso punto,
assolvimi, anche se tu fossi un uccello impagliato.
Chiedo scusa all’albero abbattuto per le quattro gambe del tavolo.
Chiedo scusa alle grandi domande per le piccole risposte.
Verità, non prestarmi troppa attenzione. Serietà, sii magnanima con me.
Sopporta, mistero dell’esistenza, se strappo fili dal tuo strascico.
Non accusarmi, anima, se ti possiedo di rado.
Chiedo scusa al tutto se non posso essere ovunque.
Chiedo scusa a tutti se non so essere ognuno e ognuna.
So che finché vivo niente mi giustifica,
perché io stessa mi sono d’ostacolo.
Non avermene, lingua, se prendo in prestito parole patetiche.
e poi fatico per farle sembrare leggere.
Wislawa Szymborska
Avere ragione è la cosa più facile che ci sia.
Tra l’altro si vede nelle varie discussioni pubbliche, o anche in quelle private: tutti hanno sempre ragione.
Basta scegliere una posizione rispetto a qualche tema della vita, sia che questo riguardi la politica, lo sport, la religione, e qualsiasi altra cosa, anche se il rigore c’era o no, se la dieta è meglio quella a o b, se si vive meglio a Napoli o Milano e così via.
La “posizione” orienta la scelta dei temi, guida la ricerca sulle informazioni confermanti, elimina quelle non utili, modifica le altre, sposta il senso in modo focalizzato e lineare sulla base del proprio obiettivo.
Qualsiasi cosa può avere almeno due spiegazioni: basta attribuirgli quella funzionale alla” ragione “che abbiamo.
Una persona «intelligente» in modo lineare, usa il pensiero per cercare motivi che sostengano il suo punto di vista, non per esplorare quelli altrui, e approfondire in generale, e così facendo finisce per essere intrappolata dai supporti argomentativi che riesce a mettere insieme.
Questo processo lo possono fare tutti e quindi essere «nel giusto», “avere ragione e ragioni”, non è difficile, anzi è molto facile.
Ma gli invincibili, rispetto alle dispute su chi ha ragione, sono indubbiamente quelle persone che chiamo le “psicopesti.
Loro ritengono di possedere, loro sole, una speciale chiave interpretativa in grado di dare senso profondo e inopinabile a quello che a noi sfugge, oppure che noi nella nostra superficialità non consideriamo.
Le psicopesti sono esperte dell’ombra, del disvelamento inaspettato, dell’emersione del mistero, della rivelazione definitiva.
Ci sono delle psicopesti pubbliche che sono spesso invitate nei dibattiti televisivi più grossolani e devo dire che ascoltarli è uno spasso.
Tutto per la psicopeste nasconde un significato e se vuole può donarcelo a patto di non domandare troppo e tanto meno obiettare.
Un altro soggetto “vincente” nei dibattiti è l’arrogante.
La televisione e in particolare certi talk sono un buon punto di osservazione per scoprire questi tipi.
Ora c’è una signora nel programma Ballarò, che si definisce filosofa che deve avere un’idea di se stratosferica e prima di parlare, compie una serie di smorfie che segnalano che il suo intervento non potrà che essere rivelatore e profondissimo.
Come la psicopeste si capisce che pensa di farci un dono.
La guardo attentamente (l’arroganza la fa essere più brutta e antipatica) e l’ascolto: dice colossali fesserie o banalità pensando ovviamente il contrario.
O forse non le dice ma è talmente arrogante che decido che ha comunque torto.
Ma si capisce che qualsiasi cosa gli altri avessero detto lei avrebbe detto quello che dice perché quello che caratterizza questi tipi è la presunzione di aver capito loro soli come stanno le cose.
Sono ipnotizzato dalla bruttezza dell’espressione del suo volto, potrebbe essere un ottimo spot per rappresentare il tema del disgusto e del ribrezzo di qualcuno che sta osservando un cadavere in decomposizione.
La sua arroganza è sinistra, è il senso di superiorità nei confronti del prossimo, che si manifesta con un costante disdegno e svalutazione.
Il punto è proprio questo dell’arroganza che si manifesta in molti modi, ma sostanzialmente non dà valore all’altro.
C’è l’arroganza esplicita del burocrate che sfoga la sua frustrazione costringendo a subire forzature che offendono l’intelligenza del fare e se ci azzardiamo a chiedere il senso di alcuni procedimenti, si corre il rischio di sanzioni che consistono in altri rallentamenti o incongruenze e anche altri costi: subire è spesso un meccanismo di reazione intelligente!
C’è l’arroganza mistica di coloro che per stare meglio “sopra” si mettono, apparentemente, “sotto”: sono quelli che con fare umile e strisciante sono pronti con dolcezza a propinare il veleno stupendosi che possa non piacere.
Poi c’è l’arroganza di chi ha potere ma lo correla alla responsabilità di risponderne con risultati di progresso e di valore per i sistemi in cui si manifesta.
Spesso l’arrogante ha una convalida formale che gli consente di esserlo: un ruolo, un titolo, la forza, la conoscenza.
Credo, invece, che il modo di discutere intelligente nella complessità è multidimensionale, olistico, probabilistico, accetta la contraddizione e l’ambiguità, è «leggero» e portato verso forme di accettazione reciproca di argomentazioni intelligenti espresse con stile, o almeno pertinenza e ascolto attivo.
Se non si ascolta, si dicono per forza cose stupide, anche se si è intelligenti.
L’arrogante non ascolta e diventa difficile ascoltare lui quindi il gioco di questo dialogo finisce per forza sempre male.