Austria e barriera del Brennero: il concetto di minaccia e la questione Schengen
«Riessere finalmente nella mia tana, ammirare magari questa volta il labirinto, ma prima richiudere sopra di me la copertura di musco e riposare, penso, per tutto il resto della mia vita! Invece non viene nessuno e io devo affidarmi a me stesso. (…) non evito più l’ingresso nemmeno esteriormente, la mia occupazione preferita è di girarvi intorno, sembra quasi che io sia il nemico in attesa della buona occasione di irrompere con buon esito». Kafka, ne “La Tana”, affronta il problema dell’ansietà escatologica tipica dell’uomo contemporaneo che mosso dalla sua indole al controllo razionale – complice il crollo delle certezze religiose a beneficio di un processo di laicizzazione della società – vuole dominare il timore del caos che, nello specifico, si traduce nel timore nei confronti del prossimo, percepito come un potenziale e costante pericolo per la propria incolumità. Per quanto il protagonista possa costruire barriere, fortificarle, renderle praticamente indistruttibili, lo scrittore – con il prosieguo del racconto – ci svela che la minaccia fisica, in realtà, non esiste e che le sue inquietudini non sono altro che il frutto dei suoi deliri di autodifesa. La chiusura in sé stessi viene percepita invano come una soluzione efficace poiché una volta chiusi nella propria tana, l’origine della paura mostra il suo vero volto: il nostro.
Schengen e la barriera Austriaca del Brennero: origini e potenziali ripercussioni
L’inefficacia delle barriere come strumenti di sicurezza è stata a più riprese confermata anche dagli eventi storici. In questo periodo sono stati fatti molti accostamenti tra il muro di Berlino e la barriera che l’Austria sta costruendo all’altezza del Brennero. Incautamente. Origini e ripercussioni di ciascuna recinzione celano differenze sostanziali, ma tutte hanno in comune due parole chiavi: timore e sicurezza. Il caso austriaco evidenzia, proprio come ne “La Tana”, una matrice di prevenzione. I mattoni berlinesi erano frutto di tutt’altra dinamica geopolitica. Chiudere i confini prima di diventare una sala d’attesa per i migranti respinti lungo le frontiere tedesche la motivazione alla base della decisione del governo austriaco. Indipendentemente dalle argomentazioni idealiste che possono essere fraintese come semplice retorica, ma che vale sempre la pena di ricordare, le conseguenze tangibili di un’iniziativa di questa portata potrebbero rappresentare uno svilimento del trattato di Schengen. Bisogna capire se questo tipo di ragionamento può ritenersi corretto.
Il patto sulla libera circolazione: Schengen è trattabile solo in casi di effettiva e macroscopica necessità legata a motivi di sicurezza
Così come affermato nella documentazione della Commissione europea , il patto sulla libera circolazione prevede soltanto in circostanze eccezionali delle disposizioni più restrittive quali “minaccia grave per l’ordine pubblico e la sicurezza interna” e “gravi lacune relative al controllo delle frontiere esterne” tali da compromettere l’efficacia del trattato stesso; in questi casi c’è comunque un iter da seguire che prevede la consultazione della commissione preposta. Bisogna capire se la pressione migratoria, che è alla base del provvedimento in questione, è da considerarsi formalmente compatibile con una delle due contingenze. La prima rimanda ad un principio che si presta alla discrezionalità di ciascuno; il concetto di minaccia per definizione è molto liquido, diviene spesso argomentazione di propaganda politica, seppur sembra oggettivo che una cattiva gestione dei flussi migratori possa minare la sicurezza di una nazione. Parlando per astratto ed estremizzando il discorso, se in un territorio ci fosse un afflusso illimitato circoscritto ad un territorio impossibilitato ad ospitare fisicamente un dato numero di persone, la sola densità della popolazione metterebbe a repentaglio l’ordine pubblico di quello stesso territorio. Ipotizzare uno scenario estremizzato consente di comprendere che senza le dovute cautele, i flussi migratori possono effettivamente rappresentare una minaccia. La discussione ruota attorno al concetto di buona gestione e cattiva gestione dei flussi. Questo si collega alla seconda eventualità presa in considerazione dalla documentazione, ovvero quella inerente alle lacune strutturali per quel che riguarda il controllo delle frontiere. Le due contingenze, da questo punto di vista, sembrano essere collegate in una relazione di causa-effetto. Entrambe, seguendo questo ragionamento, possono considerarsi formalmente conformi all’iniziativa del governo austriaco. Nella sostanza, quindi, Schengen risulta rispettato in quanto i parametri di eccezionalità che prevede per legittimare un incremento dei controlli delle frontiere riservano un grado di discrezionalità interpretativa tale da consentire un atteggiamento di questo tipo, per quanto eticamente discutibile e funzionalmente controverso.