ANNIVERSARIO BREXIT
A sette anni dall’uscita dall’Eurozona il Regno Unito torna a chiedere aiuto all’UE
Il 23 giugno 2016 si tenne il referendum sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione europea, meglio noto come “Brexit”. Il referendum si concluse con il 51,89% dei votanti favorevoli all’uscita e con il 48,11% contro.
A distanza di sette anni dal voto e di tre dalla messa in atto della decisione della maggioranza, la Gran Bretagna sente le ripercussioni di questa scelta, che non colpiscono solo l’economia, ma anche la politica, che in questo momento appare stabile come se fosse su un fil di spago. Tutto è cominciato con le dimissioni del Primo Ministro David Cameron, perché europeista, poi quelle di Theresa May, incapace di mediare con il Parlamento, poi quelle di Boris Johnson, che non riusciva a gestire contemporaneamente lockdown da COVID-19 e feste private a Downing Street, grazie alle quali avrà anche probabilmente contrattato con i suoi amici a scopi di lucro. Poi, dopo che Liz Truss in soli 44 giorni ha sfregiato mercati e moneta alla stessa velocità con la quale Jack lo Squartatore mieteva vittime, Rishi Sunak cercava di far capire a tutti che la Brexit fosse una fantastica idea, mentre anche i membri del suo stesso partito cercavano di accordarsi dietro le quinte per salvarsi da questa scelta sconsiderata, che secondo un’analisi di Bloomberg costa al paese circa 100 miliardi di sterline l’anno.
Mentre il sindaco di Londra, Sadiq Khan, vieta di sventolare la bandiera dell’Unione Europea senza appositi permessi, considerando gli ultimi sondaggi condotti sul territorio della grande isola gli elettori sembrano pentiti di essersi fidati delle istituzioni che promettevano che dopo il divorzio con Bruxelles le sterline non si sarebbero più prodotte nelle zecche ma sarebbero piovute da quel cielo nuvoloso.
Almeno hanno visto la loro fiducia premiata all’idea che gli immigrati dei paesi membri non avrebbero più invaso la cosmopolita capitale, visto che ora non vengono più dall’UE, e chi adesso viene ad occupare il territorio inglese lo fa per sostituire la forza lavoro di quelli che all’educato consiglio “andatevene a casa!” hanno risposto con cotanta educazione, facendolo veramente, portando con se capitali, capitalisti e professionisti realmente formati.
Certo, come ci si poteva aspettare che gli eventi iniziassero a complottare per distruggere la terra della Regina a tal punto da distruggere la Regina stessa? Proprio al termine dei preparativi la pandemia ha invaso l’Europa, mandando in stallo l’economia. Poi Boris Johnson, Primo Ministro in quel periodo, si è rivelato improvvisamente un diretto discepolo di Charles Darwin, dichiarando che la selezione naturale avrebbe fatto il suo dovere, e chi credeva fermamente in lui non ci ha pensato due volte a scendere in strada come se il Covid fosse la trama di un vecchio film fantascientifico.
Poi l’ex funzionario del KGB, prettamente addestrato a cavalcare orsi e a “premere il bottone rosso”, si è rivelato un liberatore dai nazisti, che geopoliticamente, secondo quanto attestato dalle sue conoscenze, si trovano tutti in Ucraina. Ha deciso quindi di dargli la caccia, innalzando l’inflazione, il costo del gas e facendo dire a tutti addio alle auto a metano, prima tanto venerate.
Tutti gli eventi sembrano voler trascinare questo paese nell’Eurozona, e forse ci stanno riuscendo.
Recentemente sono infatti stati già siglati due accordi tra Unione Europea e Regno Unito: l’Accordo sugli scambi commerciali e la cooperazione e il Windsor Framework.
Sembra che questa volta la nave di questi abili navigatori della storia stia affondando, e che sia ormai costretta a ricorrere alle scialuppe di salvataggio.