Alitalia, è stallo sulla trattativa per il rilancio dell’azienda
Di Tiziana Cecere
La compagnia aerea nonostante l’aumento dei ricavi del 3,5% rispetto al 2017 registra ancora valori poco soddisfacenti. Se nel 2016 il numero di viaggiatori è pari a 22,59 milioni, nel 2017 questa cifra cala a 21,31 e nel 2018 si assiste a una lieve risalita con 21,49 milioni. Nel 2018, inoltre, la compagnia ha perso 15,96 euro per ogni passeggero imbarcato. Le ragioni fondamentali della crisi, che coinvolge molte altre compagnie europee, sono l’aumento del prezzo del kerosene, il calo dei ricavi e un mercato fortemente frammentato, competitivo e dominato dalle compagnie low cost.
La situazione attuale del piano di salvataggio di Alitalia è piuttosto complessa. Il gruppo Toto Holding, società italiana che si occupa della costruzione di infrastrutture complesse, si sarebbe offerto di acquistare il 30% per una cifra compresa tra i 300 e i 400 milioni di euro. La settimana scorsa Ferrovie dello Stato, che dovrebbe essere uno degli autori principali del salvataggio, ha presentato il nuovo piano industriale 2019-2023 in cui non si fa cenno ad Alitalia, ma l’amministratore delegato Gianfranco Battisti assicura: «Siamo in fase negoziale. Se Alitalia viene assorbita, riadattiamo il piano». Rimandata intanto al 15 giugno la presentazione dell’offerta di Ferrovie dello Stato, forse per evitare che la questione diventi un motivo di scontro durante la campagna elettorale.
Al momento il piano di salvezza della compagnia dovrebbe prevedere la partecipazione di Ferrovie dello Stato con il 30%, del ministero dell’Economia e delle Finanze con il 15% e della compagnia statunitense Delta Airlines con il 15%. Manca il 40%, pari a una cifra di circa 300 milioni di euro. L’offerta di Toto sembra essere malvista dagli altri componenti e in particolare da Ferrovie dello Stato, che giudicherebbe il gruppo italiano inadeguato e incapace di sostenere l’impegno economico necessario: a fronte di un fatturato di 398 milioni di dollari, nel 2017 Toto ha accumulato 522.3 milioni di debiti, superando i ricavi. Nelle scorse settimane si è parlato di Atlantia, società che controlla Autostrade per l’Italia e Aeroporti di Roma, ma l’ultima dichiarazione dell’amministratore delegato Giovanni Castellucci, lo scorso 19 aprile, non è incoraggiante: «Abbiamo talmente tanti fronti aperti che aprirne uno ulteriore, e non di bassa complessità, sarebbe particolarmente complesso. Uno in più in questo momento non ce lo possiamo permettere».
Si tirano fuori anche altri due possibili candidati, EasyJet e Ryanair. «Siamo usciti dal processo per Alitalia perché non era in linea con la nostra strategia commerciale», dice Lorenzo Lagorio, Country Manager Italia di EasyJet. «Con i commissari di Alitalia ci incontriamo, ogni tanto, ma per ora restiamo nelle retrovie», è il commento di Michael O’Leary, amministratore delegato di Ryanair. Nessuna dichiarazione, per ora, da Lufthansa.
Recentemente c’è stata anche una giornata di sciopero proclamata proprio per attrarre l’attenzione delle istituzioni su una situazione che i lavoratori ritengono ormai insostenibile «Colpa del governo se martedì 21 maggio il trasporto aereo nazionale ha lasciato a terra migliaia di passeggeri», dice il segretario generale della Uil Trasporti, Unione Italiana dei Lavoratori Trasporti, Claudio Terlazzi. «Il governo – prosegue, persevera a non prendere iniziative per lo sviluppo regolato del settore per tutelarne l’occupazione, che registra crisi ovunque nonostante il numero dei passeggeri sia in forte crescita».
Sulla stessa linea Fabrizio Cuscito, segretario nazionale di Filt Cgil, Federazione Italiana Lavoratori Trasporti: «La protesta è stata indetta per la grave situazione occupazionale del trasporto aereo: il rinnovo del contratto nazionale di settore, una legislazione di sostegno che lo renda nel nostro paese riferimento minimo normativo e retributivo per tutti i lavoratori del settore e per il finanziamento strutturale del Fondo di solidarietà del trasporto aereo».
Sulla questione Alitalia aggiunge: «C’è in ballo il lavoro di più di 11 mila persone e di tutto l’indotto ed è sempre più necessario e urgente che il governo, dopo quasi un anno di rinvii, batta un colpo».