Aida, il nuovo chatbot che aiuta i diabetici
È Aida il nuovo chatbot unico nel suo genere in Italia, rivolto a chi soffre di diabete di tipo 1 e 2, o anche ai familiari coinvolti in questa problematica, o semplicemente a chi interessa saperne di più.
Il chatbot di Novo Nordisk, sviluppato da H-Farm, intende fornire una mano concreta nel trattamento e nell’informazione di tale problema, senza sostituirsi però in nessun modo al medico curante di riferimento.
Esso è uno strumento importante che intende supportare quei 4 milioni di italiani, che ad oggi soffrono di diabete. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, infatti, metà delle persone diabetiche, non mantiene una continuità nel trattamento della patologia, complici le numerose fakenews o i contenuti che intendono sottostimare la malattia.
Cosa può fare concretamente Aida?
Aida, rientra nei “digital Health”, ovvero, tutte le tecnologie digitali a scopi sanitari, per migliorare l’efficienza della sanità italiana. Sono molte le domande a cui risponde la chatbot: posso continuare a lavorare? Cosa è meglio mangiare? Qual è il modo migliore per raccontarlo ai miei amici?.
Qualsiasi quesito, infatti, dalla cucina, all’interazione con gli altri, può essere risolto grazie ad Aida, non dimenticando una buona dose di empatia. Non è da dimenticare, infatti, che l’app è il frutto di convergenze mediche e scientifiche. L’intelligenza artificiale non si ferma alla risposta statica del quesito, ma analizzando pattern vocali o le caratteristiche della frase scritta, è capace di riconoscere gli stati emotivi del suo interlocutore, rilevando persino stress, dubbi o paure, producendo una risposta sia significativa dal lato scientifico, ma anche consistente per quanto riguarda il lato umano. Tale peculiarità, si è potuta aggiungere alla scienza base di Aida, grazie al contributo consistente di uno psicologo.
Al tempo stesso, la chatbot, non parlerà mai di ciò che non conosce, o conosce in modo parziale, suggerendo, di fatto, nei casi più specifici di rivolgersi al proprio medico curante.
Dove è possibile trovare Aida
Aida è raggiungibile in più modi. Il modo più rapido è il sito principale: aidachatbot.it, esso può essere raggiunto sia da dispositivi desktop che mobile. La seconda strada è l’utilizzo di telegram. All’interno di esso, infatti, basterà cercare @aida_chatbot per iniziare la conversazione. Sarà possibile utilizzare Aida anche come assistente vocale. Tale funzione sarà gestita da Amazon Alexa. Basterà, chiedere infatti, ad Alexa: “Alexa, apri Aida diabete”, per poi porre la domanda o il dubbio.
Tale funzione è certamente più rapida ed intuitiva, ed è molto funzionale, se i dubbi riguardano l’alimentazione, in modo da gestire in modo contemporaneo la preparazione del pasto con le perplessità su di esso.
La chatbot che aiuta i dottori
Oltre ad essere un buon alleato per un diabetico o un suo amico o familiare, Aida, è anche un ottimo alleato per i medici. Essa, non intende infatti sostituirsi a quest’ultimi, quanto piuttosto alleggerire il loro lavoro. Essa si occupa infatti dei “dubbi minori”, lasciando maggiore spazio a coloro che hanno bisogno di un reale aiuto face to face. Inoltre, essa permette al paziente di gestire la sua patologia in modo autonomo, rafforzando di fatto l’attività divulgativa svolta fino a quel momento dal medico di fiducia.
Novo Nordisk, la sua storia
L’intelligenza artificiale Aida, è stata sviluppata dalla filiale italiana di Novo Nordisk. La storia dell’azienda è senz’altro appassionante: basti pensare, che essa, risale agli anni 90, quando contava solo due piccole aziende danesi. Nordisk Insulinlaboratorium e Novo Terapeutisk Laboratorium. Tali aziende, iniziarono infatti la produzione di un farmaco scoperto da due scienziati canadesi, farmaco che all’epoca risultava essere una vera e propria innovazione: l’insulina.
Tali aziende, tra le migliori nel loro campo, per molto tempo vissero un’accesa rivalità, pur avendo un obiettivo in comune: apportare un beneficio sostanziale nella vita delle persone affette da diabete. Tale obiettivo in comune, fu la molla che portò ad un importante decisione. Le due aziende, infatti, si fusero nel 1989, prendendo il nome di Novo Nordisk.
Ormai diventate una sola cosa, le aziende continuarono la loro fiorente espansione, dedicandosi alla cura del diabete, nella cura dell’emofilia, nella terapia con ormone della crescita e nella terapia ormonale sostitutiva. Ad oggi, l’azienda farmaceutica, è a respiro internazionale, con sede in Danimarca, impiegando circa 42,700 persone in 79 paesi del mondo, commercializzando i prodotti in più di 170 Paesi.
La Digital Health
Aida, come si è detto, rientra nelle applicazioni che possono essere raggruppate sotto il nome di digital Health. È difficile fornire una definizione unitaria che possa spiegare tale innovazione, ma nel sunto finale, è possibile definire la DH, come la convergenza di tecnologie digitali e genomiche in campo sanitario. La salute umana, si è preservata nel tempo, grazie a numerosi progressi tecnologici, basti pensare all’invenzione della penicillina, ai vaccini stagionali o ai robot in grado di compiere operazioni chirurgiche. Ad oggi, però, le tecnologie digitali, possono persino fare test di diagnosi, attuare la telemedicina, fino a produrre un’assistenza a distanza.
La digital health, di fatto, comprende numerosi ambiti: la telemedicina, i sistemi wearable, la gamification e molto altro. Parlando di tale innovazione, è impossibile non citare le terapie digitali. La “DTx”, infatti, implica che alla base della terapia non c’è più solo la chimica o la biologia, ma anche l’ausilio di algoritmi e software. Sono molte, ad oggi, le malattie curate o tenute sotto controllo con la DTx, soprattutto negli Stati Uniti. Tra queste si trovano, per lo più, dipendenze, malattie croniche o quelle a carico del sistema nervoso centrale, oltre a patologie psicologiche. Il trattamento si basa principalmente sulla raccolta di specifici dati, che poi serviranno alla somministrazione di terapie digitali, come app, videogiochi, o dispostivi indossabili.
Un radicale cambiamento sanitario
Ad oggi, sono più di 325.000 le app dedicate alla salute, all’alimentazione e all’esercizio fisico. Tali app, oltre a produrre maggiore coinvolgimento del paziente, producono altresì una miglior aderenza terapeutica.
A dare man forte al cambiamento radicale sanitario, sono stati senz’altro i dispostivi “indossabili” o più comunemente chiamati col nome di wearable. Basti pensare che solo nel 2019, sono stati venduti circa 70 milioni di smartwatch e per il 2023, sono previste vendite fino ai 110 milioni. I dispostivi indossabili, nello specifico, raccolgono dati come il battito cardiaco, la pressione, l’ECG, persino la frequenza respiratoria. Tale innovazione, potrebbe essere ricondotta ai primordi del 2017, quando la Apple, ha lanciato prima l’applicazione Apple Heart Study e poi il suo iconico Apple Watch.
Il gioiello di casa Apple, è stato registrato negli Stati Uniti, dalla FDA (l’ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici), come dispositivo medico in grado di tenere sotto controllo la salute di chi lo indossa, e persino di rilevare episodi di fibrillazione atriale, grazie alla stesura di un elettrocardiogramma ad una sola derivazione.
Anche la Telemedicina, ad oggi è alla base dell’innovazione sanitaria. Stando alle linee di indirizzo nazionali, la telemedicina, è “una modalità di erogazione di servizi di assistenza sanitaria tramite l’ausilio di tecnologie innovative, in particolare alle Information and Communication Technologies, in situazioni in cui il paziente e il medico non si trovano nella stessa località”.
Esso, non intende sostituirsi al rapporto diretto tra medico e paziente, quanto piuttosto farsi avanti come integrazione alla medicina tradizionale per migliorarne la sua efficacia tempestiva. La telemedicina, offre, quindi una rete di collegamento fondamentale tra pazienti, ospedali, medici e territorio.
Come ultima medicina digitale, è opportuno menzionare la “Gamification”. Quest’ultima, applica elementi tipici del gioco o del videogioco ad altri ambiti. Il concetto che sta alla base è senz’altro quello di modificare il comportamento del paziente attraverso situazioni giocose, stimolandolo a livello sensoriale e motorio. Va da sé che tale approccio è significativo nella vita di bambini e adolescenti, senza escludere però nessuna fase anagrafica.
Tornando ad Aida, è opportuno sottolineare ancora una volta la sua importanza. L’assistente dai capelli blu, infatti, intende sensibilizzare in maniera massiccia sia utenti fruitori che semplici curiosi, ad un tema che ancora oggi nasconde tabù e false verità. Non a caso ogni 14 Novembre si celebra “la giornata mondiale dedicata al diabete”, a riprova che tale patologia medica non deve essere sottostimata né tenuta nascosta come un segreto.
Due chiacchiere con il dott. Pintaudi
A parlarci dell’applicazione Aida, è il dott. Basilio Pintaudi, dirigente medico di servizio di Diabetologia dell’Ospedale Niguarda di Milano, il quale ha fatto parte del board scientifico nella progettazione della chatbot.
1) Com’è nata Aida e che cos’è?
Aida è l’acronimo di “Artificial Intelligence Diabetes Assistant”. Si tratta del primo chatbot italiano dedicato al diabete, uno strumento digitale basato sull’intelligenza artificiale, in grado di simulare una conversazione tra esseri umani. In realtà è un software che risponde in maniera automatica alle domande poste da una persona.
Tale chatbot è stato ideato come strumento di supporto per le persone affette da diabete ma anche per quelle senza, rappresentando inoltre un valido tool anche per tutti gli operatori sanitari coinvolti nel processo di cura del diabete.
Aida è nata grazie alla volontà dell’Azienda farmaceutica Novo Nordisk di sviluppare uno strumento che fosse in linea con l’evoluzione tecnologica dei nostri tempi. Per la sua realizzazione ci si è avvalsi del prezioso supporto di tecnici informatici ed esperti di intelligenza artificiale che ne hanno sviluppato le modularità. Grazie al contributo di un comitato scientifico costituito da clinici diabetologi e da un esperto psicologo è stato possibile validare i contenuti del chatbot allineandoli rispetto alle raccomandazioni clinico-assistenziali ed alle linee guida riconosciute in ambito diabetologico.
2) Quand’è nata l’esigenza di creare Aida?
L’esigenza di creare Aida si è riconosciuta notando l’assenza di un simile strumento nel panorama scientifico quantomeno nazionale. Anche a livello internazionale le esperienze di chatbot in ambito diabetologico sono estremamente limitate e non hanno trovato una piena diffusione nei settings in cui sono state sviluppate. In Italia non vi sono strumenti tecnologici come Aida utili a migliorare il livello di conoscenza ed empowerment dei soggetti con diabete.
3) Secondo lei essendo uno strumento digitale “Aida”, esso attenua l’imbarazzo che potrebbe crearsi facendo le stesse domande ad un dottore “fisico”?
Essendo uno strumento digitale certamente Aida permette all’utente che lo consulta di porre un numero indefinito di domande. Ciò ha sicuramente il vantaggio per il soggetto con diabete di poter avere a disposizione un tempo maggiore rispetto a quello che l’operatore sanitario può dedicargli in occasione di un consulto ambulatoriale. La consultazione con un sistema digitale può favorire il dialogo che il soggetto con diabete può avere, evitando il timore di porre quesiti potenzialmente ritenuti imbarazzanti o banali dall’utente.
4) Parlando di Aida, si è sottolineato di come pur essendo un’intelligenza artificiale, essa mantenga una sorta di empatia, come mai si è optato per tale scelta? E in che modo tale empatia si manifesta?
È stato possibile dotare Aida di una componente emozionale, e ciò è avvenuto grazie all’intervento di un esperto psicologo che ha plasmato quesiti e risposte prettamente clinici cui Aida è in grado di rispondere, dotandoli di una componente empatica. La costruzione sintattica soprattutto delle risposte che Aida è in grado di dare è stata attentamente valutata in modo da rendere più empaticamente comprensibile ed accettabile il contenuto dei messaggi di Aida stessa.
5) Qual è stato il suo ruolo concreto in questo progetto?
Il mio ruolo all’interno del progetto Aida è stato quello di clinico diabetologo con propensione alla tecnologia ed ai sistemi digitali. In particolare, insieme ad altri colleghi con analoghe caratteristiche, ho provveduto a sviluppare quesiti e risposte (“insegnandoli” ad Aida) inerenti varie tematiche relative al corretto stile di vita, esercizio fisico, corretta nutrizione, informazioni generiche sul diabete validandole rispetto ai contenuti scientifici.
6) Come hanno cambiato e come cambieranno i sistemi di innovazione tecnologica il mondo odierno?
I sistemi di innovazione tecnologica hanno profondamente dato un impulso alla medicina moderna. Essi sono attualmente parte integrante di alcune aree della medicina, inclusa la diabetologia. In particolare i sistemi che hanno alla base tecniche di intelligenza artificiale, tra cui machine learning, sono alla base del funzionamento dei più recenti pancreas artificiali per la terapia del diabete mellito di tipo 1; altre esperienze analoghe sono riconoscibili nell’ambito della diagnosi della retinopatia diabetica. Aida si configura come uno strumento maggiormente indicato nella sfera educativa-conoscitiva del diabete, permettendo ai soggetti con diabete di acquisire delle informazioni utili ad ottimizzare il loro processo di cura e consentendo loro di aumentare i livelli di empowerment ed engagement, indispensabili a garantire adeguati standard clinici nonché vantaggi su soddisfazione per i trattamenti praticati e miglioramento dei livelli di qualità di vita.