Analisi sul mercato degli idrocarburi
L’impatto del mercato degli idrocarburi ha condizionato nel corso degli anni molteplici attività. Gli idrocarburi presenti nell’ambiente derivano essenzialmente dal petrolio e dai processi di lavorazione.
Definizione di idrocarburi
Si tratta essenzialmente di composti organici binari ovvero formati da due elementi quali carbonio e idrogeno. A seconda poi della loro conformazione possono essere divisi in idrocarburi alifatici ed aromatici. Tranne che per la molecola CH4 dell’idrocarburo più semplice, il metano, le molecole degli idrocarburi contengono due o più atomi di carbonio legati direttamente tra loro da legami semplici, doppi o tripli disposti in modo da formare una catena aperta, diritta o ramificata, oppure uno o un sistema di anelli. Le miscele di idrocarburo ricavate dal petrolio rappresentano la fonte di energia più importante, cui si affiancano gli idrocarburi gassosi naturali. Singoli idrocarburi allo stato puro, come il propilene e il butadiene, sono prodotti di partenza per la fabbricazione di prodotti chimici svariati, come le plastiche.
L’impatto del Covid-19 sul mercato degli idrocarburi
L’impatto del Covid-19 e la conseguente riduzione della domanda ha instradato sempre più produttori di petrolio e gas verso il fallimento. L’impatto del virus oltre a modificare la domanda, ha conseguenza anche sull’offerta dovuto ad un generale instabilità dei prezzi degli idrocarburi. Questa situazione fa emergere una variabile altrettanto importante che è il disinvestimento da combustibili fossili.
Sostenuto da governi internazionali, istituzioni finanziarie internazionali e investitori, il disinvestimento dai combustibili fossili minaccia di spingere le compagnie petrolifere e del gas verso l baratro. Negli ultimi tempi, un gruppo di 12 grandi città di Europa, Stati Uniti e Africa, si sono impegnate a disinvestire in carbone, petrolio e gas. Queste città ospitano oltre 36 milioni di residenti e detengono oltre 295 miliardi di dollari di asset. Un’altra conseguenza che la pandemia rischia di portare alla luce riguarda l’instabilità e l’equilibro del mercato.
Gli investitori attivisti, in scia con il crescente martellamento mediatico su cambiamenti climatici e riscaldamento globale, stanno mettendo in pericolo non solo il futuro dei produttori internazionali di petrolio e gas, ma anche il necessario equilibrio tra i produttori di petrolio e gas indipendenti (privati) e le compagnie petrolifere nazionali. Il disinvestimento porterebbe a rimuovere le emissioni di gas serra prodotte dall’uomo per contrastare il cambiamento climatico.
I rapporti delle organizzazioni internazionali tra cui l’ONU, indicano che l’80% di tutte le emissioni globali proviene da combustibili fossili. Per raggiungere gli obiettivi fissati dai governi europei, le emissioni devono essere ridotte di due terzi o la produzione di combustibili fossili devono essere ridotte dell’1% all’anno fino al 2050. Sicuramente si tratta di obiettivi ambiziosi mai raggiunti, ma che col Covid potrebbe finalmente trovare attuazione.
Le compagnie nazionali e il loro futuro che guarda al green
Molte compagnie insite in questo mercato stanno spostando la loro attenzione verso il green. A confermarlo un’analisi condotta dall’agenzia di stampa britannica Reuters sui piani aziendali delle principali compagnie petrolifere e gas europee. L’investimento in energia verde dipende dalla convinzione che la domanda di combustibili fossili subirà una flessione a lungo termine.
Negli ultimi mesi, le maggiori compagnie petrolifere mondiali hanno ridotto drasticamente la spesa per via del calo della domanda di carburante. Per questa ragione, i primi cinque produttori europei – BP, Shell, Total, Eni ed Equinor – stanno concentrando i loro tagli agli investimenti sulle attività petrolifere e del gas.
Nonostante le modifiche nei piani aziendali di numerose compagnie, c’è da dire che gli investimenti green rappresentano una fetta degli investimenti che arriva a malapena al 15% del totale. Per questa ragione, alcuni investitori sostengono che tali obiettivi non raggiungono ancora le ambizioni dell’accordo di Parigi. Ad esempio, l’investitore londinese Sarasin & Partners ha affermato che né Shell né Total, “hanno indicato come intendono modificare gli investimenti nella misura richiesta dalle loro ambizioni climatiche”.
E per un verso compagnie petrolifere e del gas europee prendere una strada, quelle statunitensi stanno virando su una strada diversa, incoraggiate dal governo. Infatti, Mike Wirth, AD di Chevron, ha dichiarato agli investitori che si aspetta che la domanda di petrolio e gas risalga a livelli normali dopo la pandemia. Questo perché secondo lui, e secondo molti americani il mondo non è ancora pronto per una transizione che guardi ad una fonte energetica alternativa.
Il piano messo in campo dalla Danimarca sugli idrocarburi
La Danimarca ha messo in campo un piano dismettere l’uso di idrocarburi dal 2050. Il paese scandinavo è il primo tra i grandi produttori di petrolio e gas a programmare un concreto phase out degli idrocarburi. Le fossili giocano un ruolo sin dai primi impianti nel Mare del Nord risalenti a 50 anni fa, questo ha permesso a Copenaghen di piazzarsi al 39 posto come produttore mondiale di idrocarburi.
In concreto il piano si sostanzia nel dire stop a qualsiasi nuova licenza e cancellare anche accordi già in programma. Una scelta tutt’altro che semplice, quella presa dal primo produttore di idrocarburi dell’Unione Europea, che ha previsto anche un taglio sostanzioso delle emissioni: -70% entro il 2030.
Gli investimenti, saranno indirizzati allo sviluppo di quelle tecnologie necessarie per potenziare gli ambiti prioritari del piano governativo sul clima, tra cui figurano sequestro e stoccaggio del carbonio, idrogeno verde, agricoltura sostenibile e riciclo della plastica. Risorse che provengono sia da Recovery Fund, sia su un piano nazionale di ripartenza post-covid approvato lo scorso agosto.
Lo scorso anno il Paese scandinavo ha segnato un nuovo e importante record rinnovabile: i suoi parchi eolici hanno prodotto ben il 47 per cento dell’elettricità impiegata a livello nazionale durante l’anno. I dati arrivano direttamente dall’operatore di rete Energinet, che al pari degli altri gestori europei delle infrastrutture di trasmissione snocciolano i dati a consuntivo del 2019.