Crisi nera per l’editoria italiana
Di Miriana Kuntz, Ivana Murolo, Giovanna Molino
I motivi della caduta a picco dell’editoria italiana sembrerebbero essere diversi, ma in particolare ad alimentare la decrescita del settore sarebbe il basso compenso.
In Italia sono ancora tanti oggi i collaboratori esterni pagati “a pezzo”, si stimerebbe circa il 65% della categoria. Una grossa parte dell’informazione italiana, quindi, sembrerebbe essere affidata a professionisti senza contratto, pagati con compensi da barzelletta.
Di quest’idea è senz’altro la FNSI (sindacato unitario giornalisti italiani) che ha commentato:
«Giornalisti con la ‘schiena dritta’, ma pagati con compensi quasi sempre ridicoli. Compensi imposti da editori-committenti forti, fortissimi; tanto che la possibilità di una ‘trattativa tra le parti è del tutto assente: i compensi, spesso avvilenti o inaccettabili, vengono decisi unilateralmente dal datore di lavoro».
“Smascheriamo gli editori”
È una ricerca dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti condotta nel 2010, però, a fare luce sul mondo intricato dell’editoria. La ricerca dal nome “Smascheriamo gli editori” analizza nello specifico le retribuzioni dei giornalisti freelance di cinquanta testate nazionali e locali. Dalla carta stampata ai giornali online, non sembrerebbero esserci differenze nel compenso economico: articoli pagati meno di 3 euro e compensi dati con ritardo o mai avvenuti.
Nonostante i finanziamenti pubblici, numerosi sarebbero quindi i giornali con basse retribuzioni. Secondo la ricerca dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti, Repubblica, che riceve 16 milioni di euro di soldi pubblici, paga un pezzo di 5-6mila battute soltanto 30 euro lordi. Il Messaggero arriva a un massimo di 27 euro per gli articoli più lunghi, a fronte di un finanziamento statale di circa 1 milione e mezzo di euro.
Anche le testate web, come afferma Enzo Iacopino (ex segretario nazionale dell’Ordine), avrebbero comunicato dati vergognosi: 4-5 euro lordi per quelli nazionali, e 2.50 euro ad articolo per i giornali locali.
Ad affiancare i dati negativi, sono le note di merito per alcuni giornali, come Il Foglio con i suoi 180 euro lordi ogni 4200 battute o il Sole24Ore con i suoi 80 euro per un pezzo di circa 5mila battute.
L’equo compenso
I dati della ricerca, ad oggi non sembrano affatto anacronistici, se si pensa che ancora oggi si discute sulla questione “equo compenso” per il settore giornalistico. Il sottosegretario con delega all’Informazione e all’Editoria, Andrea Martella, ha infatti deciso di firmare per la ricostituzione della Commissione per l’equo compenso nel settore giornalistico. La legge dell’equo compenso aleggiava nell’aria già nel 2012, rimasta di fatto incompiuta diversi anni dopo.
«Sono convinto – ha affermato Martella – che per assicurare i necessari standard di qualità all’informazione professionale e per combattere la precarizzazione nelle redazioni, occorra riconoscere un equo compenso, da individuarsi secondo criteri certi e condivisi».
Vendite e chiusure: i numeri
Sono bastati 15 anni a cambiare il mondo editoriale: le edicole italiane sono passate da 42 mila a 26 mila, realizzando un crollo nella vendita dei quotidiani solo nel 2019 di circa il 50%. Solo lo scorso anno hanno chiuso i battenti 4 edicole al giorno. E 6 edicole su 10 hanno totalizzato utili inferiori ai 10mila euro annui.
Per un’analisi completa vanno prese in considerazione 4 testate che per vendita si piazzano in testa: Corriere della Sera, Repubblica, La Stampa e il Sole24Ore.
Per Corriere della Sera si è registrata una flessione del 7%, per Repubblica una decrescita annuale contenuta, al di sotto del 10%, dopo anni di flessione tra il 12 e il 20%. Flessioni peggiori per La Stampa e il Sole24Ore, le quali registrano una decrescita dell’11% e del 17%. I dati, che si riferiscono al periodo che va dal 2013 al 2019 non lasciano margini positivi neppure per quanto riguarda “il reso”. Per le quattro ammiraglie, infatti, si va oltre il 50% dei resi, quindi più copie rese che “tirate” e di fatto vendute.
Editoria giornalista online e crisi del sistema giornalistico 2015-2020
È necessario nel settore giornalistico garantire, tramite l’operato dello Stato, l’indipendenza dei media rispetto alle testate giornalistiche. In modo che queste ultime siano in grado di adottare misure che permettano l’effettivo esercizio della libertà di stampa come previsto dall’articolo 10 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo.
L’evoluzione dell’editoria giornalistica online, sviluppatasi negli ultimi 10 anni ha generato un nuovo modo di documentarsi totalmente differente alle testate giornalistiche tradizionali che prevedono stampe cartacee. Si conta che lavorano per grandi ed importanti testate giornalistiche solo 1300 giornalisti (44%) e dalle stime risulta che solo questa percentuale abbia firmato un contratto stabile Fieg-Fnsi.
La crisi che investe il settore giornalistico è piuttosto dilagante negli ultimi 5 anni (2015-2020) quasi da poter essere definita un’emorragia. I dati non sono incoraggianti. Un calo del 15% nel settore giornalistico con oltre 2500 posti in meno. Inoltre secondo il rapporto sulle dinamiche occupazionali “solo la metà delle giornaliste donne hanno un impiego fisso sia in Italia che in Europa”.
Ad inizio 2019 un grido d’allarme è stato lanciato dal Consiglio d’Europa per sollecitare i Governi a garantire la sostenibilità finanziaria del giornalismo.
Pino Rea, giornalista professionista dal 1982, ha svariate volte sottolineato che: «gran parte di questa crisi è dovuta alla mancanza di comprensione, studio, sperimentazione di soluzioni e di nuovi assetti post-rivoluzione digitale».
Gli editori con diffusione mainstream nel settore, si trovano in posizioni conservative rispetto alle esigenze degli anni 2000 e non provano ad approfittare delle migliaia di novità che il cambiamento online mette a disposizione.
Il Covid-19 uccide i giornali di carta
L’emergenza sanitaria Covid-19 ha avuto un effetto esplosivo sulla comunicazione giornalistica, generando una crisi di grandi dimensioni. Infatti il segretario generale reporter senza frontiere e coordinator of Italian Lsdi association, Christophe Deloire, dopo la sospensione della Giornata Mondiale della Libertà di Stampa che si celebra ogni anno il 3 Maggio, ha dichiarato: «stiamo entrando in un decennio decisivo per il giornalismo anche a causa della crisi del Coronavirus».
Con questa dichiarazione, Christophe Deloire ha stimolato una profonda riflessione da compiere sul settore giornalistico con la speranza che esso possa progredire e non regredire più di quanto si è già registrato negli ultimi 5 anni, in particolar modo, quest’anno come conseguenza del Covid-19. Un particolare spunto di riflessione e di restart, è comprendere come devono essere narrate e divulgate le più svariate notizie giornalistiche. Un altro nocciolo fondamentale, nel settore giornalistico è la credibilità delle notizie pubblicate che va salvaguardata, la credibilità della professione giornalistica si fonda proprio sulla verifica delle fonti, che permette una netta distinzione tra una notizia vera ed una fake news senza fondamento.
Breve storia del giornalismo
Il giornalismo nasce come la disciplina che studia l’evoluzione dei metodi che portano alla diffusione della notizia, attraverso lo sviluppo diacronico dell’attività giornalistica.
Nel XV secolo le notizie venivano scritte da monaci e da cronachisti.
Nel XVI secolo invece con la diffusione dei canard e dei “fogli avvisi” veneziani ad uso di banchieri e mercanti, questi fogli aggiornavano sull’andamento delle guerre in corso e dei fatti economici e commerciali. È questo il momento storico dove la cultura della diffusione della notizia inizia a fare passi in avanti.
La prima apparizione del primo foglio di notizie fu a Venezia nel 1563.
Il foglio era redatto a mano per incarico del governo dove la pubblicazione avveniva ogni mese.
I contenuti erano informazioni ufficiali, ovvero trattasi di notizie riguardanti il governo dello Stato e le guerre, descrivendone data e luogo. Il foglio veniva distribuito al prezzo di “due soldi”.
A Venezia la moneta da due soldi era chiamata la “gaxeta” e così fu attribuito lo stesso nome alla pubblicazione. Il termine divenne poi nel resto d’Italia “gazzetta” ed oltralpe invece “gazzette”, dove ben presto si diffuse in tutta Europa come significato di “foglio di notizie”.
Contributi pubblici ai giornali
Recentemente il Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria della presidenza del Consiglio dei Ministri, ha reso pubblico gli elenchi dei quotidiani e periodici che nel corso del 2018 avevano ricevuto contributi pubblici.
Dall’elenco si evincono alcune novità dove a scomparire sono stati il Foglio, e Italia Oggi.
Avvenire, invece, ha perso per la prima volta la sua posizione di quotidiano più finanziato dallo Stato, dove tutto ciò ha portato vantaggio al Dolomiten. Complessivamente sono stati erogati dallo Stato circa 60 milioni di euro, cifra in netto calo rispetto ai 67 milioni del 2017.
Netto calo, se si pensa ai finanziamenti di 10 anni fa maggiormente cospicui, dove le cifre versate arrivavano a circa 200 milioni di euro.
Di seguito troviamo la classifica dei quotidiani e periodici che ricevono più contributi.
- Dolomiten, 6.1 milioni di euro;
- Avvenire, 5.5 milioni;
- Libero, 5.4 milioni;
- Il Manifesto, 3 milioni;
- Il Quotidiano del Sud, 2.9 milioni;
- Primosky Dnevnik, 2.6 milioni;
- CronacaQui, 2.3 milioni;
- Corriere di Romagna, 2.2 milioni;
- CronacheDi, 1.3 milioni;
- Quotidiano di Sicilia, 1 milione.
La legge dei contributi esclude i grandi quotidiani nazionali come ad esempio Repubblica, Corriere della Sera e Stampa. I grandi gruppi usufruiscono invece dei contributi indiretti alla stampa, come ad esempio gli sconti sull’acquisto della carta.
Questi ultimi contributi si sono ridotti molto negli anni dove oggi ammontano a pochi milioni di euro. In pratica quasi tutti i grandi gruppi editoriali in qualche modo sfruttano questa variante di contributi, anche se non riscontrano grandi vantaggi a livello di bilanci.
Tipologie di finanziamento
Diverso è il finanziamento all’editoria, in quanto ha uno scopo diverso, più preciso e limitato.
Più precisamente si sostiene il pluralismo dell’informazione aiutando in particolare le piccole testate locali, quelle delle minoranze linguistiche e quelle indipendenti.
In pratica dovrebbero essere quelle edite alle cooperative di giornalisti.
Tempo addietro i finanziamenti sostenevano anche i giornali di partito ma è stato rimosso.
Le tipologie differenti di quotidiani e periodici ne sono sette, e di seguito troviamo l’elenco di quelli che hanno il diritto di finanziamento.
- Cooperative giornalistiche che editano quotidiani e periodici;
- Le imprese editrici di quotidiani e periodici in cui il capitale è trattenuto in misura maggiore da Cooperative, come fondazioni o enti senza fini di lucro;
- Enti senza scopo di lucro, ossia imprese editrici di quotidiani e periodici il cui capitale è tenuto esclusivamente da tali enti;
- Le imprese editrici che editano sia quotidiani che periodici di espressione alle minoranze linguistiche;
- Le imprese editrici, gli enti e le associazioni che editano periodici per non vedenti e ipovedenti;
- Associazioni dei consumatori che editano periodici in cui si tratta la tutela del consumatore, iscritte nell’elenco istituito dal Codice del Consumo;
- Le imprese editrici di quotidiani e di periodici italiani editi e diffusi anche all’estero, oppure editi in Italia e diffusi maggiormente all’estero.
Il giornalismo del futuro
Dire che il giornalismo sia morto del tutto, sarebbe come passare direttamente ai titoli di coda di un grande film. Il mondo dell’editoria si è infatti trasformato, passando dalla carta stampata all’euforia del web. Dopo circa 25 anni di giornalismo online, il mondo digitale sembra aver preso il sopravvento su quello cartaceo. Ai tempi del giornalismo tradizionale, la cosa essenziale era la vendita materiale del giornale stesso. Ad oggi il giornalismo si basa sui “click” decretando, in alcuni casi, un decurtamento della qualità a favore della quantità, poiché per il raggiungimento di certi standard di traffico occorre produrre materiale in modo frenetico.
Il mondo del giornalismo sembra riporre le sue speranze in un sistema chiamato “paywall” declinato in maniera diversa a seconda della testata. Questo modello è stato già adottato da Repubblica, Corriere della sera e il Sole 24 ore. Il sistema, sostanzialmente, prevede “contenuti speciali” per il fruitore che si abbona mensilmente o settimanalmente alla testata.
Diverse, invece, le strategie oltre i confini nazionali, come nel caso del New York Times, rimasto in edicola anche dopo la profezia Arthur Sulzberger jr., editore del giornale dal 1992 a fine 2017, il quale aveva previsto nel 2013 la scomparsa del NY times cartaceo, anche se il giornale, ad oggi, rimette le sue speranze nei ricavi web. Il NY times e diversi giornali a respiro internazionale, hanno infatti, intrapreso un cambiamento radicale: immagini e video in alta definizione, linguaggi innovativi, e sistemi adatti ad un mondo ormai diverso, ma soprattutto la rinuncia a numeri esorbitanti a discapito della qualità.
Differenze sostanziali dal metodo Italia, si avvertono soprattutto per quanto riguarda i contenuti sponsorizzati. A livello internazionale lo sponsor finanzia il giornale, aspettandosi un tornaconto di qualità. Dall’altra parte, in Italia i contenuti sponsorizzati vengono presentati come un pubbliredazionale. Una sorta di pubblicità impaginata e redatta come un normale articolo di giornale. Tale impostazione risulta poco accattivante e funzionale.
Se da una parte il giornalista italiano viene sottopagato, in America è Heliografa prendere il suo posto. L’intelligenza artificiale del Washington Post ha pubblicato circa 850 articoli, molti dei quali sulle presidenziali USA. Nessun furto della professione, infatti, il robot ha sgravato dal peso contenutistico i giornalisti del Post, permettendo loro di dedicarsi a lavori più impegnativi.
Non ci è possibile sapere chi e come ricoprirà il ruolo del giornalista, ma se una cosa è certa è che ci sarà sempre bisogno di qualcuno che indaghi e racconti cosa ha visto, perché come diceva Lord Northcliffe (giornalista ed editore inglese):
“Il giornalista è colui che deve spiegare agli altri ciò che lui stesso non ha capito”.
E di questo, non se ne potrà mai fare a meno.