Reddito di cittadinanza, il profilo dei beneficiari
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Il Reddito di Cittadinanza è una misura politica di contrasto alla povertà, molto discussa sin dalla sua attuazione. Voluto fortemente dai Cinque Stelle sin dal loro ingresso in politica nel lontano 2013, è stato introdotto con decreto-legge del 28 gennaio 2019. Ad un anno si cerca di migliorare lo strumento, il quale prevede una riforma innovativa dei centri per l’impiego. Secondo gli ideatori, tale misura serve a favorire una politica attiva del lavoro che possa dare un inserimento lavorativo a molte famiglie, stranieri e giovani.
Numerose sono i giudizi fino ad ora della manovra
Nella giornata di San Valentino l’Agenzia Nazionale per le Politiche Attive ha fatto sapere che i beneficiari del Reddito sono stati 39.760 persone. Tale annuncio è stato accolto con soddisfazione dal presidente di ANPAL Mimmo Parisi che ha commentato “non è uno scherzo, e i numeri stanno crescendo“. Immensa gioia espressa anche dal ministro del lavoro e delle politiche sociali Nunzia Catalfo sui suoi profili social.
L’esodo
Il 6 marzo 2019 hanno presentato le prime domande, 1.6 milioni quelle pervenute in questi mesi tramite INPS, CAF e Poste Italiane. Da allora, le procedure di erogazione del contributo sono state affinate e la misura è stata attuata quasi integralmente. Lo stesso premier Giuseppe Conte, ad un question time in Senato, ha fatto sapere che nell’Agenda 2020-2023, che il governo sta mettendo a punto con le prossime linee di intervento, verrà inserita anche l’implementazione del Reddito di Cittadinanza. L’obiettivo sarà di migliorarne le capacità per contrastare la povertà ed incentivare il reinserimento socio-economico.
Il commento
“Il Reddito di Cittadinanza sta funzionando bene nella parte di sostegno al reddito. Quello che deve migliorare sono le politiche attive per favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, cioè la seconda fase dell’Rdc. Questa seconda gamba va rafforzata, ci stiamo lavorando” ha commentato il ministro dell’economia Roberto Gualtieri che ammette che è iniziata una seconda fase del reddito per eliminare molte inefficienze. Di contro Paolo Gentiloni, ministro all’economia in Europa, che elogia la spinta ai consumi privati che tale meccanismo sta favorendo.
I dati
Secondo gli ultimi dati dell’Osservatorio Statistico INPS su Reddito e Pensione di Cittadinanza sono favorite le famiglie che non possiedono minori a carico, in special modo quelle di due componenti. I single corrispondono al 39% dei beneficiari con un assegno medio di 391 euro al mese. Una famiglia di quattro persone senza minori prende 600 euro quanto una famiglia con 6 componenti o più, tra cui minori. Principalmente ad essere penalizzate sono le famiglie numerose con minori a carico. La scala di equivalenza del Reddito, diversa da quella ISEE, favorisce i single. È assegnato un coefficiente pari a 1 al primo componente, il single prende il contributo massimo di 500 euro, ed è maggiorata di 0.4 per ogni ulteriore maggiorenne e di 0.2 per ogni minore nel nucleo familiare, fino un massimo di 2.1, arrivando a 2.2 se è presente un disabile.
L’accesso è inefficiente
I nuclei familiari con lo stesso ISEE possono essere inclusi o esclusi in base alla numerosità dei componenti. Ad esempio, per una famiglia con tre minori il reddito deve essere inferiore a 15.360 euro, mentre per il single la soglia si ferma a 9.360 euro.
Il beneficio per i disabili italiani
Solo il 21% dei disabili italiani lo possiede e quelli conviventi con i familiari, seppur bisognosi, sono esclusi perché l’ISEE del nucleo supera il tetto e nel calcolo si computano anche le pensioni di invalidità civile, sordità, e così via. L’importo medio erogato da una famiglia con disabili è di 487 euro, 6 euro in meno rispetto a quella generale. Anche stranieri e senza fissa dimora sono penalizzati da vincoli ferrei. Per i primi è necessaria la residenza minima di 10 anni, gli ultimi due consecutivi, tanto che la quota di beneficiari extracomunitari rispetto al totale è del 6%, decisamente inferiore a quella dei medesimi in situazione di povertà assoluta, circa un terzo sul totale.
Per i senza dimora oltre al problema della residenza fittizia spesso non riconosciuta dai Comuni, rimane il paradosso di non poterne usufruire per pagare l’affitto, destinato unicamente a chi ha un contratto di locazione in essere. A ciò si aggiungono i molti furbetti che cercano di ottenere a tutti i costi il Reddito, ma nel caso di smascheramento rischiano fino a 6 anni di carcere.