L’acqua: il problema del futuro
La recente visita privata di Papa Francesco all’imperatore giapponese Naruhito, nel Palazzo imperiale di Tokyo ha riproposto con forza il grande problema della scarsità dell’acqua, soprattutto in alcune zone calde del mondo. E non a caso, il Papa ne ha parlato durante questo incontro: Naruhito è infatti membro onorario della “Commissione mondiale sull’acqua per il XXI secolo” e offre il suo patronato alla “Global Water Partnership“, un ente fondato dalla Banca Mondiale, dalle Nazioni Unite e dal Ministero svedese per lo sviluppo. Secondo fonti presenti al Palazzo imperiale, il Pontefice ha sottolineato la propria convinzione che la prossima guerra sarà causata da un conflitto per l’acqua.
Sebbene il 70% del pianeta Terra è coperto dall’acqua, di questa risorsa fondamentale solamente lo 0.5 per cento, è acqua dolce e potenzialmente utilizzabile per il sostentamento umano e per il numero incalcolabile di animali da allevamento. Per mettere le mani su questa risorsa, già oggi si combatte militarmente ed economicamente: così come da tempo avviene per i terreni agricoli e per le risorse minerarie, già oggi Stati e aziende sono al lavoro per accaparrarsi l’acqua, sottraendola ad altri Stati. Dopo il land grabbing, dunque, si parla con sempre maggiore insistenza di water grabbing.
Ad oggi, la Banca Mondiale ha documentato ben 507 conflitti legati al controllo delle risorse idriche. E di questo passo, in un pianeta sovrappopolato e il cui equilibrio climatico sta cambiando in una direzione sfavorevole, c’è il rischio che per la sempre più strategica acqua si combatterà e si morirà. Entro il 2030 – lo dicono i dati delle Nazioni Unite – addirittura il 47% della popolazione mondiale vivrà in zone a elevato stress idrico.
Già oggi quasi 2 miliardi di persone in tutto il mondo vivono senza acqua potabile sicura, nonostante ormai dal 2010 l’ONU abbia dichiarato il diritto umano all’acqua come primario e indiscutibile. Una situazione che rischia di peggiorare, visto che non ci sono norme internazionali in grado di arginare gli appetiti idrici di Stati e multinazionali. Mentre paradossalmente si spreca in modo colossale, tra infrastrutture inadeguate e sistemi agricoli e urbani dall’impatto non più sostenibile.
Molto interessante, a tal proposito, è il libro “Water grabbing , le guerre nascoste per l’acqua nel XXI secolo” firmato da Emanuele Bompan e Marirosa Iannelli.
Il prezzo del water grabbing, lo pagano i più deboli. Il libro racconta le conseguenze della costruzioni di monumentali dighe, come quella delle Tre Gole in Cina, che ha comportato il trasferimento forzato di 1.2 milioni di persone, o quella Gibe III in Etiopia, che ha sconvolto la vita di 400 mila poverissimi Oromo. Da Israele all’India, passando per la Turchia, sono numerosi i focolai che presto potrebbero sfociare in veri e propri conflitti armati. Il corso del Nilo, riserva idrica di molti Paesi africani; il fiume Indo in Pakistan i cui affluenti nascono in India; il bacino fluviale del Giordano e infine il controllo da parte della Turchia del Tigri e l’Eufrate, da cui dipendono Siria e Iraq, il Mekong in Asia, sono alcuni dei teatri futuri delle guerre per l’acqua.
L’acqua, talvolta, diviene un ’arma essa stessa. Le infrastrutture, come ad esempio gli impianti di trattamento, i sistemi di tubazioni, le stazioni di pompaggio o i serbatoi possono diventare bersagli delle azioni militari. Un esempio recente si è visto nella guerra in Siria, dove gli abitanti di Damasco sono rimasti tra dicembre e gennaio per oltre quindici giorni senz’acqua. A causa dei combattimenti, numerose canalizzazioni sono state distrutte, con la conseguente interruzione del servizio di fornitura d’acqua alla capitale siriana. Una vera e propria crisi idrica che ha rischiato di far saltare i colloqui di pace tra le parti in conflitto.
Per ciò che riguarda l’Italia, i numeri dicono che le riserve idriche si sono dimezzate in appena sette anni. Quindi anche da noi il problema diviene ogni anno più pressante.
Secondo i dati ISTAT, pubblicati ad aprile nel Rapporto SDGs 2019, inerenti il raggiungimento degli Obiettivi di Sostenibilità delle Nazioni Unite, i cosiddetti Global Goals, da qui al 2030, l’Italia presenta il maggiore prelievo di acqua per uso potabile pro capite tra i 28 Paesi dell’Unione europea: 156 metri cubi per abitante nel 2015. Eppure, su 9.5 miliardi di metri cubi d’acqua per uso potabile prelevati nel 2015, solo 8.3 sono stati immessi nelle reti comunali di distribuzione e solo 4.9 sono stati erogati agli utenti, che significa 220 litri per abitante al giorno. Insomma, poco meno della metà del volume di acqua prelevata alla fonte (precisamente il 47.9%) non raggiunge gli utenti finali a causa delle dispersioni idriche dalle reti di adduzione e distribuzione. Le ragioni di queste ondate di perdite sono molto ben esplicitate: oltre alle perdite fisiologiche dovute alla estensione della rete idrica e al numero di allacci, le dispersioni sono dovute alla rottura nelle condotte, all’obsolescenza delle reti, ai consumi non autorizzati, ai prelievi abusivi e agli errori di misura dei contatori.
Sempre più frequentemente si verificano problemi nella regolarità e nella qualità della distribuzione dell’acqua, soprattutto in alcune zone del paese ed in alcuni periodi dell’anno. Nel 2017 si è registrata una riduzione complessiva del 39.6% delle portate medie dei principali fiumi italiani (Po, Adige, Arno e Tevere), rispetto al trentennio precedente.
Un dato interessante è infine che una famiglia su tre dichiara di non fidarsi a bere l’acqua del rubinetto, ma in alcune regioni, come la Sicilia e la Sardegna, si supera rispettivamente il 50% e il 48%. Non deve stupire: la rilevazione ISTAT riferita al periodo 2010-2015, registra che in Italia solo il 41.7% dei fiumi e dei laghi classificati raggiungono l’obiettivo di qualità ecologica.
Water: the problem of the future
The recent private visit of Pope Francesco to the Japanese emperor Naruhito, in the Imperial Palace in Tokyo, has again strongly proposed the great problem of water lack, especially in some hot areas of the world. And not surprisingly, the Pope spoke about it during this meeting: Naruhito is indeed an honorary member of the “World Water Commission for the 21st Century” and offers his backing to the “Global Water Partnership“, a body founded by the World Bank, the United Nations and the Swedish Ministry of Development. According to sources present at the Imperial Palace, the Pope underlined his conviction that the next war will be caused by a conflict over water.
Although 70 percent of the planet Earth is covered by water, of this fundamental resource only 0.5 percent, it is fresh water and potentially usable for human sustenance and for the incalculable number of farm animals. To get our hands on this resource, we are already fighting militarily and economically: as has been the case for agricultural land and mineral resources for some time, states and companies are already at work to grab water, taking it away from other states. Therefore, after the land grabbing, there is a growing talk of water grabbing.
To date, the World Bank has documented as many as 507 conflicts related to the control of water resources. And at this rate, in an overpopulated planet and whose climate balance is changing in an unavoidable direction, there is the risk that the increasingly strategic water will be fought and died. By 2030 – according to United Nations data – even 47% of the world population will live in areas of high water stress.
Already today, almost 2 billion people worldwide live without safe drinking water, despite the ONU declared human right to water as primary and indisputable since 2010. A situation that is likely to worsen, given that there are no international standards capable of curbing the water appetites of states and multinationals. While it is paradoxically wasted in a colossal way, between faulty infrastructures and agricultural and urban systems with an impact that is no longer sustainable.
Very interesting in this regard is the book “Water grabbing, the wars hidden for water in the XXI century” signed by Emanuele Bompan and Marirosa Iannelli.
The price of water grabbing is paid by the weakest. The book tells the consequences of the construction of monumental dams, such as that of the Three Gorges in China, which involved the forced transfer of 1.2 million people, or the Gibe III in Ethiopia, which devastated the lives of 400 thousand poor Oromo . From Israel to India, passing through Turkey, there are numerous outbreaks that could soon lead to real armed conflicts. The course of the Nile, water source of many African countries; the Indus river in Pakistan whose tributaries are born in India; the river basin of the Jordan and finally the control by Turkey of the Tigris and the Euphrates, on which Syria and Iraq depend, the Mekong in Asia, are some of the future theaters of the wars for water.
Water sometimes becomes a weapon itself. Infrastructures, such as treatment facilities, piping systems, pumping stations or tanks can become targets for military action. A recent example was seen in the war in Syria, where the inhabitants of Damasco remained between December and January for over fifteen days without water. Due to the fighting, numerous canalizations were destroyed, with the consequent interruption of the water supply service to the Syrian capital. A real water crisis that threatened to blow up peace talks between the warring parties.
About Italy, the numbers say that water reserves have halved in just seven years. So the problem becomes even more pressing in Italy every year.
According to ISTAT data, published in April in the SDGs Report 2019, concerning the achievement of the United Nations Sustainability Objectives, the so-called Global Goals, from now to 2030, Italy presents the largest withdrawal of water for drinking pro capite use among the 28 European Union countries: 156 cubic meters per inhabitant in 2015. Yet, out of 9.5 billion cubic meters of drinking water taken in 2015, only 8.3 were placed in municipal distribution networks and only 4.9 were provided to users, which means 220 liters per inhabitant per day. In short, just under half the volume of water withdrawn from the source (precisely 47.9%) does not reach end users due to water leaks from the adduction and distribution networks. The reasons for these waves of leaks are very well explained: in addition to the physiological losses, due to the extension of the water network and the number of connections, the dispersions are due to the break in the pipes, to the obsolescence of the networks, to unauthorized consumption, to withdrawals abusive and to the measurement errors of the counters.
More and more frequently problems occur in the regularity and quality of water distribution, especially in some areas of the country and in certain periods of the year. In 2017 there was an overall reduction of 39.6% in the average flow rates of the main Italian rivers (Po, Adige, Arno and Tevere), compared to the previous thirty years.
Finally, an interesting fact is that one family out of three states that they do not trust drinking tap water, but in some regions, such as Sicily and Sardinia, they exceed 50% and 48% respectively. It should not come as a surprise: the ISTAT survey for the period 2010-2015, records that in Italy only 41.7% of classified rivers and lakes reach the ecological quality objective.