Problemi e costi della giustizia in Italia (parte II)
La lentezza della giustizia e le tante problematiche ad essa collegate generano, come scritto nel precedente articolo, una grave serie di conseguenze. Tanto di carattere giuridico, che sociale ed economico. Essa
comporta, in primis, un ingente esborso da parte dello Stato che, tradotto in numeri, in crude cifre, significa 500 prescrizioni al giorno, 165000 prescrizioni annue che costano alle casse del Paese circa 85 milioni di euro l’anno. Emblematico di quanto scritto fino ad ora, fu il caso Bologna del 2008. Nel corso di un’ispezione ordinaria, messa in atto su imput diretto del Ministero della Giustizia, furono ritrovati circa 3300 fascicoli di indagine chiusa e dimenticati. I reati contestati in quei procedimenti, tra cui furti,
ricettazione, reati ambientali, sono oggi tutti caduti in prescrizione.
A poco è servita anche la riforma del diritto processuale civile in materia di contenzioso stragiudiziale con l’introduzione nel nostro sistema dell’ Alternative Dispute Resolution: nel marzo del 2011 è infatti entrata
in vigore la riforma che introduce anche in Italia il sistema della Mediazione Civile; il cui obiettivo principale sarebbe dovuto essere quello della riduzione sensibile del flusso delle cause impiantate in tribunale,
offrendo uno strumento più celere per risolvere le controversie in tempi molto brevi, non oltre 3 mesi, con costi certi ed estremamente contenuti.
La mediazione è l’attività professionale svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti tanto nella ricerca di un accordo amichevole volto alla composizione di una controversia, sia nella
formulazione di una proposta concreta per la risoluzione della stessa. In pratica, due o più parti, nelle intenzioni del legislatore, dovrebbero incontrarsi presso un organismo di Mediazione accreditato dal
Ministero della Giustizia, assistite dai rispettivi avvocati, per cercare di trovare un accordo attraverso l’ausilio di un mediatore professionista.
La mediazione avrebbe dovuto costituire la migliore alternativa alle lunghe e costosissime cause in tribunale, dove spesso, dopo anni di udienze, il risultato per le parti è assolutamente deludente. Inizialmente essa era obbligatoria. Tale forza, avrebbe dovuto e potuto significare un effettivo
cambiamento ed un forte miglioramento delle condizioni della giustizia nel nostro Paese. Con conseguente decrescita dei costi incredibili ad essa correlati.
Tuttavia alla fine del 2012 , la Corte Costituzionale decretò l’illegittimità di tale principio di obbligatorietà per «eccesso di delega». Il Parlamento infatti delegò il Governo a scrivere la legge ma nei punti fermi dettati all’esecutivo non si parlava di obbligatorietà. Ebbene, già agli inizi del 2013 era chiaro che si era dinanzi ad un grande flop: da marzo 2011 a marzo 2012, infatti, le pratiche avviate furono circa 92.000 per un valore medio di 118.000 euro per lite, ma di queste solo il 35% trovò effettivamente il consenso della controparte a sedersi intorno a un tavolo e questo era, ed è il vero dato sconfortante. Inoltre, è vero che era andata a buon fine quasi una mediazione su 2, quando avviata con entrambe le parti in causa presenti, ma questo rappresenta solo 16 mila contenziosi, mentre ogni anno i tribunali devono reggere il fardello di 4 milioni e mezzo di cause. Nel 2017, un’approfondita indagine effettuata dall’Osservatorio volontario, per il monitoraggio della mediazione civile e commerciale dell’Associazione Nazionale per l’Arbitrato e la Conciliazione, evidenziò come 77 italiani su 100 ignoravano la legge 28/2010, che garantisce ai cittadini il diritto di accesso alla giustizia extragiudiziale e al credito d’imposta per chi prosegue per un accordo e/o mancato accordo. Il 77% dei cittadini non conosceva tale opzione. Nell’aprile di quest’anno, la direzione generale di Statistica del Ministero della giustizia ha pubblicato le statistiche relative alla mediazione civile dell’anno 2018.
Il primo dato interessante di cui tenere conto è sicuramente quello del numero di mediazioni depositate e quello della cause iscritte in Tribunale con codici oggetto che ricadono nell’ambito della mediazione obbligatoria e volontaria. Analizzando tale relazione, salta all’occhio la riduzione delle iscrizioni di cause oggetto di mediazione obbligatoria: -12% rispetto al 2013. Restando nell’ambito dei procedimenti iscritti, si nota che quelli relativi ai codici oggetto inerente la mediazione, rappresentano mediamente solo il 9% del totale dei procedimenti stessi. Risulta importante il dato relativo al numero di istanze depositate: 151.923 contro le quasi 167 mila. Inoltre si evince come continui a crescere la durata media del procedimento passata dai 129 giorni del 2017 ai 142 giorni del 2018. Si evidenzia, altresì, come ancora oggi la stragrande maggioranza dei giudici tende a mandare le parti in mediazione solo quando l’esperimento della stessa è condizione di procedibilità dell’azione giudiziaria. Infatti, solo nell’8% dei casi, i giudici decidono di mandare le parti in mediazione quando questa non è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Il dato, anche se di un solo punto percentuale, è addirittura in calo rispetto a quello fatto registrare nel 2017. Tutto ciò, evidenzia semplicemente che la mediazione non riesce minimamente ad incidere sul carico di cause pendenti annualmente nei nostri tribunali. E che probabilmente la strada per incidere realmente sui costi eccessivi della giustizia e sulle problematiche afferenti tale problema, sia ben altra.