La “crisi” della Germania e le sue potenziali conseguenze
Molto si è detto nelle ultime settimane a proposito di una supposta recessione della Germania, tuttavia ancora non è possibile parlare di “crisi economica” vera e propria. Si parla di recessione “tecnica” quando c’è una variazione negativa del PIL per due trimestri consecutivi rispetto al trimestre precedente, mentre si parla di recessione economica quando il PIL risulta negativo per due trimestri di fila rispetto ai dati dell’anno precedente. Se la prima evenienza può essere un fenomeno isolato, la seconda indica una fase di non crescita accertata e dunque molto più grave.
La Germania nel 2018 ha registrato un trimestre di non crescita, in maniera simile a quanto accaduto per il secondo trimestre del 2019, mentre le previsioni di crescita del prodotto interno lordo per il 2019 sono dello 0,5%, un dato al ribasso rispetto alle proiezioni dell’eurozona (media dell’1,2%). I motivi che hanno influito su questo dato sono le incertezze commerciali dovute alla guerra dei dazi Cina-USA, la variabile Brexit e, più in generale, la riduzione della richiesta di prodotti tedeschi da parte dei paesi europei. Insieme alle variabili esterne, la produzione industriale tedesca è in fase calante da inizio 2019, con una riduzione di addirittura due punti percentuali per il trimestre maggio-giugno-luglio 2019. Contestualmente, i due indicatori macroeconomici più importanti, vale a dire IFO e ZEW, entrambi indici della fiducia delle imprese del paese, mostrano i valori più bassi dal biennio 2011-2012.
Se il trend negativo si concretizzerà, le conseguenze per i paesi europei, oltre che per la stessa Germania, potrebbero essere particolarmente negative. Il ministro delle Finanze tedesco Scholz avrebbe recentemente dichiarato che sta venendo approntato un piano di 50 miliardi di euro per rilanciare la spesa pubblica, ma questo, da solo, potrebbe non essere sufficiente e il paese potrebbe essere costretto a ulteriori investimenti e debiti. Un ruolo fondamentale sarà giocato dalla BCE, che potrebbe tentare, con una politica monetaria sempre più espansiva, di rilanciare l’export tedesco con un deprezzamento dell’euro. Oltre alle conseguenze economiche, evidenti di per sé in un sistema fortemente collegato come quello dell’eurozona, un’eventuale crisi potrebbe andare a pesare anche sul piano politico, indebolendo la narrazione di una Germania solida e stabile meritatamente locomotiva dell’Unione Europea e mostrando il fianco alle critiche euroscettiche che si stanno pian piano facendo strada anche tra i banchi del parlamento tedesco.