AUMENTARE LA POSSIBILITA’ D’ESPRESSIONE
“Spreco”
Questa terra è come una delle tante sue bambine bellissime nei vicoli dei suoi paesi, bellissime spesso sotto le croste, i capelli scarmigliati, nei cenci sbrindellati: e già si intravede come, crescendo lei bene, tra anni quel volto potrebbe essere intelligente,nobilmente vivo; ma pure si intravede come in altre condizioni quel volto potrebbe rinchiudersi patito e quasi incattivito
(Danilo Dolci)
“Viviamo in un’epoca in cui siamo intossicati dalla malattia del dominio che non sappiamo più concepire la salute, è la
diseguaglianza che blocca lo sviluppo e il malessere fondamentale è dato dall’incapacità di esprimersi”.
Penso che queste considerazioni di Enzo Spaltro indichino, anche, il ruolo che dovrebbe avere il formatore o il leader di qualsiasi sistema organizzato: aiutare i processi d’apprendimento intrecciandosi con i luoghi della realizzazione dei principi e dei concetti. Occorre consistenza strategica e pragmatica perché se questo non accade e i contenuti formativi indicano il possibile che non diventa probabile, allora ciò che si afferma nelle aule diventa, involontariamente, manipolativo- moralistico o esortativo – colpevolizzante.
Nello scenario della Knowledge Economy, le aziende operano in situazioni sempre più competitive che chiedono di rispondere contemporaneamente a sfide e obiettivi diversi e anche apparentemente incompatibili come: i risultati economici di breve termine ma insieme con la continuità e la crescita del valore dell’impresa nel tempo; la focalizzazione sul core business ma anche la creazione di nuove opportunità; le performance immediate insieme con l’innovazione.
È in questo scenario che nasce l’esigenza di spostare, ancora di più, l’attenzione dall’organizzazione, intesa nei suoi meccanismi tecnici, alle persone e alle loro possibilità espressive attraverso la trasformazione delle potenzialità in prestazioni, in prassi e risultati concreti.
In questa specifica complessità la formazione e i formatori devono aiutare lo sviluppo dei soggetti e quindi dei sistemi.
L’aiuto avviene attraverso l’aumento della desiderabilità e la crescita del potere personale: il fare insieme con l’inclusione e l’appartenenza responsabile.
Le imprese intelligenti si rendono conto che la complessità della sfida competitiva non può essere vinta da “pochi talenti” ma dal “team”, da persone dotate di passione e con competenze e capacità diverse, ma tutte ugualmente caratteristiche e preziose perché apportatrici di uno specifico elemento di valore per il vantaggio competitivo.
Il capitale umano esiste solo nella capacità di creare con le persone un rapporto unico e “speciale”, basato non solo sulla mera “retention economica” ma su un più ampio e completo “scambio di valore” tangibile e intangibile.
Questo è il terreno di lavoro e di cambiamento per la formazione, dove non può “salvare” o “servire” (nel senso di sottomissione) i sistemi, ma deve “lavorare insieme” confermando con la prassi la credibilità di quello che afferma.
L’espressività è scambio di valore e richiede l’uscita dalla cultura dell’apparenza e dello spreco per entrare nella qualità vera
delle relazioni e della valorizzazione delle diversità, attraverso processi integrativi generativi che le trasformino in cultura.