EUSTRESS E DISTRESS:ENERGIA IN CONFLITTO

“La completa libertà dallo stress è la morte. Contrariamente a quanto si pensa di solito, noi non dobbiamo, e in realtà non possiamo, evitare lo stress, ma possiamo incontrarlo in modo efficace e trarne vantaggio imparando di più dai suoi meccanismi e adattando la nostra filosofia dell’esistenza a esso”.
Selye
Domani dovrò partecipare a una riunione in una città lontana da dove abito e quindi raggiungibile solo in aereo.
Preparo la valigia, il portatile, la documentazione e il resto ma mi accorgo che le slide per il mio intervento non sono ancora pronte. Ma questa sera non ho proprio voglia di concentrarmi, lo farò domani mattina!
Tanto ci vuole poco tempo, basta che mi alzi prima.
E’ mattina, la sveglia suona, inizio a prepararmi completando anche il materiale per l’esposizione.
Ma non trovo alcune cose e per la valigia occorre già un po’ di tempo più del previsto e comincio a preoccuparmi.
Purtroppo, inoltre, mentre faccio colazione, per la fretta, mi rovescio addosso il caffè.
Indovinate che cosa penso, e che cosa provo mentre sono costretto a cambiarmi di abito dovendo decidere nuovamente come vestirmi e naturalmente non avendo tutto sotto mano per le mie scelte?
Intanto i minuti scorrono veloci ma finalmente posso finalmente uscire da casa, ma non avevo pensato di prenotare il taxi ho notevole difficoltà a trovarne uno libero.
Indovinate a cosa penso e cosa provo mentre mi accorgo di essere già in ritardo di 35 minuti rispetto all’orario che normalmente mi consente di arrivare puntuale all’aeroporto?
Come capita in questi casi anche il traffico è aumentato!
Quei 35 minuti di ritardo fanno coincidere l’orario con l’uscita di casa di quasi tutti quelli che si recano al lavoro.
Accumulo altro ritardo e, finalmente, arrivo trafelato al punto d’imbarco. Qui un inflessibile addetto mi fa notare, contrariamente alle altre volte, che il mio bagaglio a mano supera il volume consentito per la cabina.
Altre volte non avevano fatto storie, ma questa volta mi rimandano indietro per spedirlo.
A nulla valgono le mie richieste e in vista dell’ormai reale rischio di perdere il volo. E così succede: il volo l’ho perso, e non riuscirò ad arrivare in tempo per la mia riunione.
Ora mi trovo seduto sulla prima poltrona disponibile e ascolto i miei pensieri e le mie emozioni, e mi sento notevolmente stressato.
Lo stress: In Italia e in Europa se ne parla da una trentina di anni, mentre negli Stati Uniti già da alcuni decenni.
Prima che in medicina la parola “stress” è stata utilizzata in fisica e in scienza delle costruzioni con il significato di sollecitazione.
Si considera, infatti, lo stress dell’acciaio, del calcestruzzo e dei metalli sottoposti a sollecitazioni come pressioni, torsioni, vibrazioni, fino al punto di rottura, e si può misurare la resistenza dei diversi materiali.
Questo concetto si adatta anche all’uomo, poiché anche il corpo umano è sottoposto a sollecitazioni ambientali continue, spesso eccessive.
La parola letteralmente significa: “Tensione nervosa o fisica che ha effetto logorante”, la traduzione del termine inglese è invece: “Difficoltà, avversità, pressione, tensione”.
Partiamo dalla descrizione di stress messa a punto dal grande fisiologo Hans Selye: negli anni 40 egli fu il primo a introdurne il concetto nella medicina moderna.
Per capire come gli organismi viventi reagiscono allo stress, egli sottopose i suoi animali-cavia a stress di ogni tipo e per lunghi periodi. I risultati furono che essi reagivano con risposte uguali, indipendentemente dallo specifico tipo di stress cui erano stati sottoposti. Secondo le sue osservazioni al verificarsi di alcune “aggressioni” esterne, l’organismo reagisce in modo pressoché identico, a prescindere dalla natura dell’aggressione.
La mancanza di reazione specifica a ogni tipo di stress lo portò a definirlo come sindrome generale di adattamento, consistente in una reazione aspecifica dell’organismo a qualunque cambiamento positivo o negativo, interno o esterno, rispetto all’organismo stesso e concluse che le energie extra prodotte dalla situazione di stress, non potendo essere scaricate, si trasformano in veri e propri veleni che aggrediscono dall’interno il nostro corpo attaccando il punto geneticamente più debole (solitamente lo stomaco, il cuore o l’intestino) stimolando anche le aree di dispiacere, collocate nell’ipotalamo e nel talamo, con conseguente angoscia, paura, insicurezza, aggressività, panico e malessere.
Ma aveva distinto lo stress in due sotto-categorie: l’Eustress ossia lo stress buono, positivo e necessario all’esistenza, corrispondente in pratica al “sentirsi in tiro”quando ci troviamo in una condizione che ci procura piacere perché amiamo fare quello che stiamo facendo e il Distress che è invece nocivo e distruttivo. Il distress è quando ci sentiamo “sotto tiro” quando ciò che dobbiamo affrontare non ci piace, ci crea paura e dolore. Seyle aveva capito che il comportamento sotto stress è strettamente connesso con l’efficienza dell’intero organismo. Aveva inoltre compreso che il processo fisiologico, che chiamò “reazione da stress”, sprigiona un’enorme energia.
E’ il modo in cui tale energia è usata che determina non solo la qualità della salute personale, ma anche la velocità dell’invecchiamento e in termini organizzativi il funzionamento di una tabaccheria, di una famiglia o di una grande impresa (ci sono le persone che possono vivere il distress o l’eustress).
Prevalentemente si considera lo stress in termini negativi ma si tratta di un’energia che può essere “utile”, punto chiave è saperla usare e la personalità di ognuno costituisce il più importante elemento d’influenza sulle nostre risposte ad avvenimenti e situazioni.
La parte più profonda della nostra personalità risiede nel nostro sistema di valori, il quale riflette il modo in cui ci valutiamo e il modo in cui vediamo il mondo in generale.
Il comportamento è l’espressione più diretta di quei valori e riflette il nostro più profondo atteggiamento verso noi stessi. Così, molto dello stress personale è generato dalla percezione e dal concetto di sé.
Una scarsa stima in se stessi può condurre a un certo numero di problemi che provocano stress: difficoltà di adattamento, scarse aspettative nei confronti di sé, incapacità di affermare la propria volontà. Può condurre anche a una limitata capacità di espressione, per cui emozioni considerate negative, come collera, paura, ansia e aggressività sono represse invece che espresse verso l’esterno.
Ma è possibile cambiare la propria opinione di sé.
La misura di questo cambiamento dipende dalla capacità di riconoscere i modelli di comportamento e le sfaccettature della personalità che ci frenano (vedi articolo precedente).
Gli psicologi hanno identificato due tipi generali di personalità, una delle quali è più portata allo stress dell’altra.
Il tipo A è la personalità il cui comportamento e stile di vita sono inclini allo stress. Le persone di tipo A sono: impazienti, ambiziose, aggressive, instancabili nel lavoro; fissano grandi obiettivi a se stessi e agli altri; sono particolarmente portate alle emozioni forti e a entrare in ansia.
In effetti, esse progrediscono nello stress, probabilmente perché il loro corpo produce noradrenalina (l’ormone associato al senso di fiducia ed esaltazione) in quantità superiore alla media.
La sensazione di esaltazione fisica e mentale provocata dalla noradrenalina conduce alla “dipendenza dallo stress“: chi ne soffre ricercano di proposito situazioni ad alto contenuto di stress e indulgono in comportamenti che tendono a generarlo.
Le personalità di tipo B, invece, presentano un profilo contrario. Sono di umore costante, calme, riflessive, non manifestamente ambiziose e meno sottoposte al rischio di stress e di malattie cardiache. Affidabili, allegri e in apparenza sempre in grado di fare le cose giuste, essi rifiutano di arrendersi alla malattia o alla stanchezza e non riescono a rifiutare l’eccesso di richieste che sono loro poste. Perfezionisti per natura, sono spesso guidati dalla paura di deludere le attese che essi stessi si pongono. Tendono inoltre ad anteporre le necessità degli altri alle proprie e qualche volta trovano difficile esprimere i loro sentimenti più profondi. Negano i pericoli che possono derivare dallo stress e sono incapaci di valutare con accuratezza i loro limiti personali e di ammettere la loro vulnerabilità.
Pochi di noi possiedono tutte le caratteristiche di un tipo o dell’altro. In genere la nostra personalità è costituita dalla preponderanza di uno o dell’altro modello di comportamento o, in rari casi, dal perfetto equilibrio fra uno e l’altro.
Anche in questo caso la “competenza”consiste nel cercare di aumentare la nostra consapevolezza ascoltandoci e ascoltando chi ci può aiutare imparando il cambiamento e ridendo di più.
Esercitazione
Il riso contro lo stress
Fino a che punto siete d’accordo con ciascuna delle seguenti affermazioni? Date 1 punto a “per niente d’accordo”, 2 a “un po’”, 3 a “abbastanza” e 4 a “completamente d’accordo”; ovviamente, più il totale si avvicina a 36 (un 4 per ogni affermazione), più forte è il vostro senso dell’umorismo e la possibilità di governare lo stress cattivo
1. Anche nei guai, mantengo il senso dell’umorismo 2. Se tento di trovarvi il lato comico, i miei problemi diminuiscono 3. Nei momenti difficili cerco di dire una battuta spiritosa 4. La vita sarebbe forse più pesante se avessi meno senso dell’umorismo 5. Spesso mi sono accorto che, quando si può o piangere o ridere, è meglio ridere 6. L’esperienza m’insegna che il buonumore è spesso molto più adatto per affrontare i problemi della vita 7. Anche nei momenti difficili, di solito riesco a trovare qualcosa su cui ridere o scherzare 8. La risata è contagiosa 9. Chi non sa ridere non ha diritto di piangere
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Una storiella: nascondersi o fuggire non serve, peggiora.
Pasquale è un manager affermato ma stanco e decide di lasciare finalmente il lavoro per dedicarsi alla cura del suo meraviglioso giardino e alla coltivazione di relazioni d’amicizia gratificanti.
Deve fare il passaggio di consegne al suo sostituto, lo incontra e gli consegna tre buste chiuse numerate progressivamente e gli dice che avrebbe dovuto aprirle se si fosse trovato in difficoltà ma rispettando rigorosamente la sequenza a scadenze trimestrali.
Dopo tre mesi il nuovo manager si trova di fronte a grandi difficoltà per gli scarsi risultati raggiunti e in grande stress.
Si decise così ad aprire la busta numero 1, estrasse il foglio contenuto e lesse: “Attribuisci la colpa al tuo predecessore”.
Si rilassò e seguendo il consiglio rimediò in qualche modo alle critiche.
Ma dopo altri tre mesi la situazione peggiorò e lo stress aumentava e allora anche se con riluttanza aprì la busta numero due.
C’era scritto: “Incolpa ad alcuni tuoi collaboratori”.
Ancora una volta ringraziando mentalmente il suo predecessore riuscì a contenere le critiche pesanti e a giustificare la situazione.
Infine dopo ancora tre mesi abbattuto dai risultati pessimi e da isolamento determinato dalla sua scelta precedente non riuscendo a sopportare lo stress decise di aprire la busta numero tre.
C’era scritto: “Prepara le buste”