LA BUONA REPUTAZIONE GENERA AUTOSTIMA

Un grande errore:
credersi più
di quel che si è
e stimarsi da meno
di quel che si vale.
Johann Wolfgang Goethe
La formazione è un luogo d’incontro tra pensiero e dialogo che organizza riflessioni sulla pratica di tutti i giorni per dargli una “buona forma ”. Quindi la formazione aiuta a determinare comportamenti capaci di ottenere buoni risultati nei confronti degli altri e delle situazioni professionali. Se ottieni buoni risultati e buone relazioni, si parla bene di te e questo genera reputazione che rinforza l’autostima la quale alimenta comportamenti che aumentano la possibilità che si parli bene di te: è un circolo virtuoso del valore.
Approfondiamo questo importante aspetto: quello dell’autostima.
Possiamo definirla come la considerazione che un individuo ha di se stesso secondo l’autoefficacia, ossia la convinzione nelle proprie capacità di organizzare e realizzare le azioni necessarie a gestire adeguatamente le situazioni problematiche, di vario tipo, in modo da raggiungere i risultati .
Le convinzioni rispetto alla propria capacità influenzano il modo in cui le persone pensano, si sentono, trovano le motivazioni personali e agiscono. Il concetto di autostima in fondo si basa su un principio semplice ma essenziale: non c’è giudizio più importante per noi di quello che diamo di noi stessi.
Infatti, la causa di molti problemi psicologici, dall’ansia alla depressione, dall’incapacità di affermarsi professionalmente alle difficoltà relazionali, risiede, spesso, proprio in una scarsa autostima. Il raggiungimento del benessere personale non meno che del successo professionale, sono strettamente legati al livello di fiducia in noi stessi e alla nostra capacità di alimentarla attraverso la conferma dei risultati.
Alcuni studiosi hanno definito sei “pilastri” dell’autostima: 1.il vivere consapevolmente 2.l’accettazione attiva della realtà 3.la responsabilità sui risultati e sui modi di attuazione 4.la sicurezza di sé 5.il porsi degli scopi anche sfidanti e 6.l’integrità personale, intesa come coerenza tra pensieri e azioni.
Importante è però considerare che la stima di sé non è data per sempre, è una dimensione, più o meno elevata e stabile della nostra personalità, che influisce in maniera determinante sulla nostra vita sentimentale, di relazione e professionale che deve essere alimentata con regolarità.
Chi non ha autostima si riconosce dai suoi comportamenti.
Provo a indicarne alcuni tipici: in generale una persona con bassa autostima non cerca commenti su di se e ha un atteggiamento difensivo o arrogante; anche quando si rende conto di avere alcune carenze non le racconta agli altri e tantomeno cerca aiuto; in generale evita di discutere di se stesso e se accade, s’irrita e aggredisce; non si mette in gioco, assumendo una posizione sempre un po’ defilata; può anche avere un atteggiamento vittimistico e tendere a svalutarsi per non impegnarsi in nulla, ricevendo in pratica una convalida pubblica del suo disimpegno e nel fare questo coglie ed enfatizza soprattutto i feedback negativi.
Si deve dire che se da un lato la bassa autostima produce danni e malessere, non migliori sono i risultati di un eccesso di autostima, quelli di una visione di se esagerata e irrealistica che si nutre guardandosi allo specchio.
Voglio provare a indicare anche in questo caso alcuni comportamenti tipici del signor Vanesio: tende a minimizzare le sue difficoltà e a non raccontarle o a cercare aiuto; in caso d’insuccesso attribuisce la colpa a fattori esterni o soprattutto ad altri; naturalmente anche lui, ma per motivi diversi da quelli del signor Vittima, non cerca feedback e assume un atteggiamento difensivo o arrogante; crede che solo lui riesca veramente a fare bene le cose e ottenere risultati; se sono gli altri a farcela è perché sono fortunati o aiutati se non riesce lui è perché è ostacolato e sfortunato: beati sono coloro che hanno il piacere di frequentarlo ed essere ascoltati da lui, e così via.
Dopo aver visto i due tipi con “problemi”, vediamo ora qual è invece il profilo di comportamento di chi ha una buona autostima, fondata sul riconoscimento oggettivo dei fatti e della percezione e comunicazione degli altri.
Questo tipo di persona è aperta alle critiche, considerandole un’opportunità e riesce a capire quando queste sono motivate da buoni atteggiamenti dell’interlocutore o invece sono usate per attaccarlo; comunque in generale le ricerca e non si mette sulla difensiva a priori; è disponibile a parlare dei suoi limiti e affronta le difficoltà come sfide da superare per la propria crescita, anzi di fronte alle difficoltà aumenta l’impegno; recupera velocemente dopo gli insuccessi e piuttosto che cercare alibi (come fanno i due tipi precedenti) attribuisce il non raggiungimento dei risultati a motivi contingenti o a suo scarso impegno; ritiene di poter esercitare un certo controllo sulle difficoltà e riconosce i propri limiti ma anche la propria forza; accetta complimenti e valutazioni positive ma trova motivazioni e stimoli anche senza esplicito apprezzamento degli altri.
Quindi avere una buona autostima, è fondamentale per vivere meglio con se stessi e con gli altri e avere successo nella vita e nel lavoro. Come fare per migliorarsi e aumentarla in modo coerente? Il tema è complesso e non voglio liquidarlo con consigli tipo oroscopo, ma vorrei dare qualche idea per costruire un piano di sviluppo. Anzitutto è utile individuare le aree in cui ognuno di noi non possiede o ha bassa autostima provando nelle prossime due settimane a prestare attenzione e a registrare sinteticamente, tutte le situazioni nelle quali si percepisce inadeguatezza. Poi occorre analizzare tutto ciò che avevamo annotato e gradualmente sviluppare un miglior senso della propria autostima agendo concretamente per modificare la percezione attraverso cambiamenti concreti. (Cosa è successo? Perché? In che cosa ho sbagliato o sono stato inadeguato? Che cosa posso fare?).
Da un lato mentre si considerano i temi critici che alimentano la disistima, si deve fare lo stesso procedimento per aumentarla e allora occorre registrare anche i successi. Occorre prendere nota delle valutazioni positive del risultato, registrare i comportamenti, gli elogi ricevuti e riconoscimenti di vario tipo. Poi ci sono molti altri modi utili per coltivare l’autostima fondata su dati di realtà, come ad esempio: impegnarsi in attività extralavorative gratificanti che forniscono riconoscimenti positivi e poi riflettere sui successi; assumere un atteggiamento che trasmette fiducia in se stessi e poi osservare i risultati; utilizzare i fallimenti e gli errori come opportunità di apprendimento e come sviluppo di esperienza, ovviamente cambiando il comportamento che li ha prodotti; accettare le critiche apertamente, considerandole come degli utili suggerimenti per fare sempre meglio.
Occorre in generale fare attenzione a bilanciare i fallimenti, dando loro lo stesso peso che si dà ai successi.
Provate: credo che scoprirete spazi interessanti e utili di sviluppo di buoni comportamenti che diano forma migliore all’azione, che è poi la missione della form-azione.
Aneddoto della vita di H. W. Beecher, importante politico statunitense dell’800, uno dei padri fondatori degli Stati Uniti d’America.
Un giorno il giovane studente Beecher, fu interrogato dalla sua professoressa, la quale gli chiese di recitarle a memoria la poesia che aveva spiegato il giorno prima. Beecher seppur consapevole di essere preparato nello studio, si alzò titubante e cominciò a recitarla. Dopo le prima strofe della poesia, la professoressa interruppe il giovane Beecher con un secco “no”. Il giovane studente si bloccò immediatamente e tornò al suo posto con lo sguardo basso. La professoressa chiamò quindi un secondo allievo, questo si alzò in piedi e iniziò a recitare la famosa poesia. Come prima, appena ebbe recitato un paio di strofe, la professoressa lo interruppe di nuovo con un “no” altisonante. Lo studente non si perse, però d’animo di fronte al no dell’insegnante e proseguì imperterrito a ripetere la poesia fino alla fine. Una volta terminata, la professoressa lo guardò e gli disse “Bravo!”. A questo punto Beecher, irritato dal diverso comportamento della professoressa, si alzò e protestò, dicendo di aver anche lui recitato le stesse parole del compagno. La professoressa allora gli rispose: “Non basta aver studiato bene la lezione, devi essere anche sicuro di te. Quando mi hai permesso di fermarti mentre recitavi la poesia, lo hai fatto perché non ti sentivi sicuro. Nella vita se gli altri ti urlano, “No” è tuo dovere rispondere “Sì” e dimostrare quello che sai fare”.Quel giorno a scuola, Beecher imparò una grande lezione che andava ben oltre la poesia, una lezione di vita.
Così dovremmo anche noi imparare la lezione del “credere in noi stessi” e del “non lasciarci fermare al primo no”ma questo dipende molto dalla nostra autostima.
Certo il credere in noi stessi deve fondarsi su elementi oggettivi di valore, non possiamo crederci Napoleone e tutti gli altri sono dei somari perché non se ne accorgono.